La posizione dell’ombudsman si regge esclusivamente sui dati riguardanti l’Eutfa, ma il suo suggerimento di introdurre opportune pratiche d’analisi e di controllo ha valore universale, inoltre gli uffici della mediatrice ci confermano che lo staff sia già al lavoro su altre due denunce, una dedicata a Frontex e l’altra allo European External Action Service (Eeas). La macroinchiesta prodotta dal collettivo di ong si è dimostrata semplicemente troppo vasta e capillare per essere risolta in un’unica sessione, quindi per ottenere risultati tangibili è stato necessario scinderne i contenuti al fine di concentrarsi sugli attori specifici che sono protagonisti dei punti critici della vicenda. Le prove portate innanzi alla moderatrice sono di una tale portata che risulta difficile credere che gli esiti dei giudizi futuri otterranno un esito diverso da quello già riscontrato nei confronti del fondo per l’Africa. “Speriamo che questa decisione possa influenzare come l’Unione europea sviluppi i progetti e le proprie politiche estere, che si assicurino di garantire i diritti fondamentali delle persone anche al di fuori dell’Unione europea – ci confessa Fatafta -. Non è una situazione ‘occhio non vede, cuore non duole’, se invii capacità di sorveglianza e tecnologie ai paesi non europei, sei comunque responsabile per le violazioni dei diritti umani che derivano nell’abuso di questi strumenti”.
I possibili contraccolpi di una gestione leggera delle tecnologie e delle competenze legate alla sorveglianza si estendono infatti ben oltre i confini nazionali dei paesi terzi. Pur accantonando gli interessi morali nei confronti di migranti e rifugiati, non possiamo ignorare il fatto che lo cyberspionaggio di natura politica sia un fenomeno che si sta espandendo a livello esponenziale. Tenendo conto del solo spyware Pegasus prodotto dall’israeliana Nso Group, in Europa sono già finiti sotto la sorveglianza illegale di soggetti ignoti diversi giornalisti, alcuni attivisti, i politici separatisti catalani, ma anche gli stessi funzionari dell’Unione europea. “[Questi elementi di cronaca] evidenziano come la tecnologia non sia un qualcosa che possiamo abbandonare alle singole nazioni al di fuori dell’Europa pensando che non impatterà su di noi come cittadini dell’Unione […] non è semplicemente un problema delle nazioni autoritarie, ha a che fare con tutti noi”, ribadisce Kouvakas.
Plasmare il futuro
Nel frattempo, l’Eutfa ha esaurito naturalmente il proprio corso ed è stato infine sostituito da altri finanziamenti che dureranno fino al 2027. Quella ottenuta dagli sforzi congiunti delle ong potrebbe dunque apparire come una vittoria futile e tardiva, tuttavia gli esiti delle loro fatiche hanno realizzato un precedente che andrà a riverberare su ampia scala. Nel formalizzare la propria opinione, l’ombudsman ha d’altronde avuto l’accortezza di generalizzare la sua analisi in modo che questa potesse coprire tutti quei frangenti in cui Bruxelles sosterrà i sistemi di sorveglianza dei poteri extra-Unione europea, alterando potenzialmente le future politiche di gestione dei confini. Difficile prevedere l’impatto effettivo della novità, almeno tenendo conto che l’Unione europea sta supportando da tempo il concetto di delegare ai vicini il compito di arginare l’immigrazione illegale, ancor più che diversi patti bilaterali hanno concesso a Frontex di operare direttamente al di fuori della sua normale area operativa.
“Si sta esternalizzando il controllo dei flussi migratori ai paesi del Nord Africa per evitare che le persone raggiungano le coste europee – spiega Jana Pintus -. Per evitare di essere giudicati per respingimento illegittimo […] quello che si è fatto è stato fornire mezzi e attrezzature perché fossero i paesi di transito a bloccare queste persone, visto che noi [europei] non potevamo farlo perché siamo soggetti al diritto europeo, al diritto internazionale e agli obblighi del diritto d’asilo”. La parola espressa da O’Reilly potrebbe però vanificare, o perlomeno ridimensionare nettamente, il vantaggio che si cela maldestramente dietro alla decisione di subappaltare i respingimenti ai governi autoritari, cosa che andrebbe dunque a complicare non poco le aspirazioni di coloro che vorrebbero scaricare al di fuori dell’Unione europea ogni onere gestionale e complicazione etica.
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di Walter Ferri www.wired.it 2023-01-05 06:00:00 ,