Ragazze in pose provocanti e abiti succinti, sollecitazioni a iscriversi a siti di scommesse con quote iper vantaggiose. Tweet che invitano a non «perdere tempo» e a «mettersi subito in contatto». Questo è quello che si vede se nella barra di ricerca di Twitter si scrive Pechino in cinese («北京»). Se si prova a cerca video delle proteste in Cina su Twitter, infatti, il feed del social viene inondato di contenuti spam, spesso pornografici, che rendono particolarmente difficile trovare quello che si sta cercando. Gli analisti sono certi: i tweet provengono da account automatici, i bot. Ed è probabile che siano controllati dal governo di Pechino nel tentativo di limitare la diffusione delle informazioni sulle proteste in corso in tutto il Paese e sulla loro repressione.
Still working on our own analysis, but here is some good initial data that points to this being an intentional attack to throw up informational chaff and reduce external visibility into protests in China (Twitter being blocked for most PRC citizens):https://t.co/kPK7nMeCPu
— Alex Stamos (@alexstamos) November 28, 2022
Il tentativo di intorbidire le acque
Secondo Alex Stamos, analista dell’Università di Stanford si tratta di un «tentativo intenzionale di diffondere pagliericcio informazionale per ridurre la visibilità esterna delle proteste». Stamos cita un’analista cinese, che sul social di Elon Musk si identifica con il nome Air-Moving Device. Nei grafici da lui postati si nota come circa il 95% degli account che appaiono nei risultati di ricerca produca spam. Di questi, circa il 70% non aveva mai postato prima del 26 novembre. L’invasione dei bot arriva pochi giorni dopo il licenziamento di massa voluto dal nuovo proprietario di Twitter, Elon Musk. Circa metà dei dipendenti dell’azienda sono stati lasciati a dimora, e tra questi, ce n’erano molti che lavoravano nel reparto di moderazione dei contenuti e di contenimento delle fake news. Il rallentamento nella moderazione di questo tipo di materiale è stato rilevato anche da un monitoraggio condotto dalla Commissione europea su varie piattaforme internet e social.
La politica zero Covid, infatti, sta sempre più stretta alla gente cinese, che per la prima volta da anni sta insorgendo contro i continui lockdown, tamponi, e isolamenti domiciliari mirati a mantenere il numero dei contagi il più basso possibile. Raramente nella storia del Paese ci sono state proteste che hanno raccolto così tanti manifestanti con così tante differenze sociali tra di loro. Pechino, Shanghai, Urumqi, Chengodu, Guangzhou, Wuhan sono tutte insorte all’urlo di: «Xi Jinping, dimettiti! Abbasso il Partito Comunista!». Per contenere, anche con l’uso della forza, la rabbia dei manifestanti. Twitter è formalmente vietato in Cina, ma è possibile accedervi grazie a servizi di Vpn che modificano l’indirizzo IP, e ingannano la rete, facendo sembrare che l’accesso stia avvenendo da un altro Paese. Il social dell’uccellino blu è meno facile da controllare per le autorità cinesi rispetto a quelli statali, e per questo viene utilizzato dai manifestanti per organizzare le proteste e diffondere informazioni in merito.
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Scritto da Antonio Di Noto perwww.open.online il 2022-11-29 09:32:33 ,