Stendardo, il giurista in campo: ”Le scommesse? Nel calcio serve una rivoluzione culturale” – Calcio

Stendardo, il giurista in campo: ”Le scommesse? Nel calcio serve una rivoluzione culturale” – Calcio

Stendardo, il giurista in campo: ”Le scommesse? Nel calcio serve una rivoluzione culturale” – Calcio



Dal calcio alla toga, fino alla penna. Guglielmo Stendardo, ex difensore cresciuto nel Napoli e con più di 200 presenze in Serie A in carriera, ha sempre avuto le idee chiare. Conseguita la laurea in giurisprudenza nel pieno dell’attività sportiva (un caso abbastanza raro tra i calciatori), ha poi superato l’esame di stato da avvocato e, una volta appesi gli scarpini al chiodo, ha intrapreso la carriera universitaria diventando docente del corso di Diritto e Management dello Sport presso l’università Luiss Guido Carli. Ma il calcio nella vita di Stendardo è rimasto sempre presente: attualmente infatti, oltre ad essere commentatore sportivo per la Rai, è anche allenatore della squadra del medesimo Ateneo, militante nell’Eccellenza laziale. Da pochi giorni è uscito inoltre il suo primo libro, dal titolo decisamente autobiografico “Il Giurista entra in campo”, che si rifà all’omonimo corso universitario. Nel volume, impreziosito dalla prefazione del presidente del Coni Giovanni Malagò e da numerose interviste tra cui quella al presidente della Figc Gabriele Gravina, si parla di diverse tematiche sportive, in particolare di quelle riforme che dovrebbe migliorare il mondo del calcio e il suo valore etico.

Come e quando è nata l’idea di scrivere un libro?

“Ho voluto mettere insieme tutti gli argomenti trattati durante i due anni del corso di Diritto e Management dello Sport “Il giurista entra in campo”, da cui il libro prende il titolo. Abbiamo trattato i temi principali dello sport con importanti testimonianze di persone che vivono in prima persona questi argomenti, come il presidente del Coni, Giovanni Malagò, quello della Figc, Gabriele Gravina, i presidenti di Salernitana e Lecce, Danilo Iervolino e Saverio Sticchi Damiani, l’agente Fifa Federico Pastorello. Uniti questi personaggi alle tematiche affrontate, come la riforma degli agenti sportivi, la solvibilità, la stabilità e la sostenibilità del mondo del calcio, ecco che nel libro emergono sia una parte teorica che una pragmatica relativa proprio a questi interventi che si sono susseguiti in aula”.

Quello delle scommesse è soltanto l’ultimo scandalo in ordine cronologico nel mondo del pallone. Cosa può spingere un calciatore, nonostante i tanti privilegi, a infrangere le regole?

“Il calcio è la terza azienda più importante del nostro paese, che fattura miliardi di euro e che rappresenta lo 0,58% del Pil. Per questo richiede competenze diverse rispetto al passato. Se pensiamo che negli ultimi 15 anni sono fallite circa 150 società, questo sta a significare che c’è una gestione manageriale non in linea con quella che dovrebbe essere in tempi moderni, fondata cioè su competenze specifiche e adeguate. Il calcio deve recuperare la sua funzione etica e sociale. Per quanto riguarda il caso scommesse un calciatore non può scommettere perché è vietato dagli articoli 24 e 25 della Giustizia Sportiva. Ha una responsabilità e non può fare a meno di comportamenti esemplari. Quindi, se ci sono stati degli errori, è giusto che si paghi. La Giustizia sportiva e quella ordinaria faranno il loro corso, però penso che bisogna partire da una rivoluzione culturale. Per farlo, il calcio e lo sport in generale hanno bisogno di competenza e formazione perché la formazione di oggi è la società di domani”.

In questa vicenda, quanta responsabilità hanno le società?

“Le società hanno il dovere di controllare i propri tesserati perché sappiamo benissimo cosa può comportare la responsabilità oggettiva. Certo, non si può arrivare alla vita privata di tutti gli atleti, però possono adottare dei modelli per prevenire determinate condotte ed essere organo di vigilanza e controllo”.

Come sta andando l’esperienza da allenatore della Luiss?
“A me fa molto piacere allenare un gruppo di ragazzi speciali, è un progetto dual career che cerca di conciliare sport e studio, un po’ alla americana. Attraverso lo sport l’obiettivo è trovare tutte quelle skills fondamentali come il rispetto delle regole, il sacrificio, la meritocrazia. Il progetto è dunque quello di investire nei valori dello sport che possano servire alla società di domani”.

Allenatore, ma anche giurista, docente e commentatore sportivo. In qualche ambito specifico si vede in futuro?
“Non posso sapere cosa mi accadrà tra qualche anno, ma mi sento fortunato perché faccio della mia passione il mio lavoro. Cerco di fare tutto con passione e determinazione, poi ognuno ha il proprio destino. L’uomo propone e Dio dispone”.

Il post-Spalletti a Napoli. Normale che ci siano queste difficoltà?

“Fare un paragone con il Napoli della scorsa stagione sarebbe un errore, perciò che è successo l’anno scorso è qualcosa di incredibile. La squadra non ha vinto, ha stravinto il campionato e tutti quanti, dai giocatori all’allenatore, dai dirigenti ai tifosi, sono andati oltre le proprie capacità e aspettative. Adesso c’è bisogno di tempo, sarà un campionato difficile e ci vuole un po’ di calma”.

Da ex atalantino, si aspettava questo exploit della squadra di Gasperini?

“L’Atalanta è un modello di riferimento, non solo in Italia ma anche in Europa. Il presidente Percassi già anni fa intravedeva questo progetto a medio-lungo termine facendo investimenti su stadio di proprietà, centro sportivo, vivaio e scouting internazionale. Un allenatore come Gasperini ha tutto per poter fare un ottimo lavoro”.

La Lazio fa fatica a gestire le due competizioni?

“Giocare in Europa è diverso rispetto all’Italia così come scendere in campo ogni tre giorni. È molto più impegnativo, l’allenatore fa fatica a trovare continuità durante la settimana e il livello tecnico, tattico e fisico si alza. La Lazio sta rispettando le sue aspettative, in campionato non è partita benissimo, ma in Champions è ancora nelle condizioni per poter passare il turno”.



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