Da mesi i gruppi iraniani che si occupano di diritti delle donne vengono perseguitati dai bot che seguono i loro account Instagram, nel tentativo di minare le operazioni di sensibilizzazione e divulgazione digitale portate avanti dalle organizzazioni. Gli attivisti riportano che nonostante le richieste di intervento fatte arrivare ripetutamente a Meta, che controlla Instagram, milioni di falsi follower Proseguono a prendere di mira milioni decine di organizzazioni che operano in Iran e in altre parti del mondo.
Le campagne di bot mirate, che consentono di far incassare a un profilo decine di migliaia di nuovi follower sui social network in un solo giorno, hanno preso slancio proprio mentre il governo iraniano si adopera per contrastare l’ampio dissenso nel paese legato a una serie di questioni sociali urgenti, tra cui quelle femministe. Le attiviste per i diritti delle donne affermano di aver subito repressioni particolarmente aggressive da parte del governo negli ultimi mesi, inclusi casi di sorveglianza da parte delle forze dell’ordine culminati in arresti. In occasione della Giornata nazionale dell’Hijab e della castità, che si celebra il 12 luglio, diverse è stata contrastata dalle donne nel paese hanno partecipato a proteste legate all’hashtag #No2Hijab, in alcune casi spostando i loro hijab per scoprire i capelli, in altri rimuovendoli del tutto.
Instagram si è dimostrata una piattaforma di comunicazione fondamentale per le attiviste femministe, essendo uno dei pochi social media internazionali accessibili e non censurati nel panorama digitale strettamente controllato dell’Iran. “Sempre più persone stanno reagendo contro l’utilizzo del hijab in questo momento; è un fenomeno senza precedenti e credo che il governo si senta minacciato dal movimento per i diritti delle donne – afferma Firuzeh Mahmoudi, direttrice esecutiva di United for Iran, una delle organizzazioni prese di mira dai bot di Instagram –. Qualsiasi cosa stia accadendo con questi bot, acquistati sistematicamente per prendere di mira le nostre pagine di Instagram, non è assolutamente una coincidenza, a mio parere. Circa trenta gruppi per i diritti delle donne iraniani locali e quaranta nel resto del mondo sono stati attaccati in questo modo“.
Le tattiche dei bot
Nonostante le campagne bot coincidano con gli interessi del regime iraniano, i responsabili non sono ancora stati identificati. Gli attacchi sono per certi versi subdoli, perché non comportano quantità massicce di commenti malevoli o tentativi di affossare completamente le pagine. Piuttosto, secondo gli attivisti, le pagine Instagram – che spesso contano poche migliaia di follower – ne guadagnano improvvisamente decine di migliaia nel giro di poche ore. Gli account dei nuovi follower hanno nomi composti da stringhe di consonanti e numeri senza senso. Mahmoudi cita come esempio una della pagine dedicate a United for Iran, passata da una media costante di circa 27mila follower a 70mila nel giro di una notte. Altre attiviste hanno riferito storie simili, secondo le quali i loro account hanno visto l’arrivo di decine di migliaia di follower in poche ore, per poi riguadagnare e riperdere follower nella misura qualche migliaia alla volta.
Queste enormi fluttuazioni nel numero dei follower alterano le statistiche accessibili agli amministratori delle pagine, e fanno sì che sia difficile determinare se stanno davvero raggiungendo follower reali con i post e le storie pubblicate dai loro account. Gli attivisti hanno anche rilevato che gli account bot segnalano individualmente a Instagram post specifici per farli eliminare.
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di Lily Hay Newman www.wired.it 2022-08-21 05:00:00 ,