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Data : 2024-05-16 08:10:39
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Dopo che mercoledì un tribunale ungherese ha concesso gli arresti domiciliari a Ilaria Salis, la 39enne italiana detenuta da un anno e tre mesi in Ungheria con l’accusa di aver aggredito manifestanti neonazisti, il padre Roberto Salis ha dato interviste a diversi media italiani. Al di là della soddisfazione per la scarcerazione della figlia, da queste interviste sono emerse di nuovo critiche sull’operato del governo italiano, che in questi mesi ha tentato di mediare con l’Ungheria e ottenere se non la liberazione di Ilaria Salis almeno condizioni detentive migliori, come sono appunto gli arresti domiciliari. Le parole più dure in questo senso Roberto Salis le ha dette a Repubblica:
Su questa storia io non ho dei sassolini nelle scarpe, ho della ghiaia, ho i piedi sanguinanti e prima o poi svuoterò i cassetti di quel che ho da dire. Di certo come cittadini siamo stufi di dover implorare le istituzioni, che dovrebbero essere al servizio dei cittadini e che paghiamo per questo, affinché facciano il loro lavoro. Noi non abbiamo visto alcuna volontà concreta né da parte di Tajani né da parte di Nordio.
Salis si riferiva in particolare a quello che aveva detto dopo la notizia dei domiciliari il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Secondo Tajani, infatti, la decisione del tribunale ungherese è stata anche «merito dell’azione sinergica del governo e della nostra ambasciata, che hanno lavorato intensamente, in silenzio, senza fare propaganda». Tajani ha anche rivendicato che «quando si lavora sotto traccia e non si suonano i tamburi i risultati si ottengono».
Il governo, in particolare Tajani e il ministro della Giustizia Carlo Nordio, aveva proposto dall’inizio alla famiglia Salis di chiedere gli arresti domiciliari in Ungheria. Roberto Salis però aveva definito la proposta una «provocazione», perché le autorità ungheresi avevano già rifiutato tre volte la richiesta di domiciliari. Ciò che chiedeva Salis era un intervento diretto del governo italiano, per fare pressione all’Ungheria, mentre per Nordio e Tajani un’idea simile era «irrituale e irricevibile».
«Tutta questa attenzione e quest’impegno del governo per i diritti dei suoi cittadini io francamente la vedo ancora molto nebulosa», ha detto Roberto Salis, che poi ha aggiunto: «Li dovrei ringraziare? Lasciamo stare». Salis ha anche confermato che dovrà pagare 40mila euro di cauzione perché i domiciliari diventino effettivi e che una parte di questi verranno da una raccolta fondi fatta in questi mesi. «Il resto lo metteremo noi». Ilaria Salis potrà andare ai domiciliari in Ungheria e dovrà tenere un braccialetto elettronico, cioè un dispositivo che vigili sulla sua posizione. Al momento non è ancora chiaro se con questa decisione sarà più facile ottenere la possibilità di scontare i domiciliari in Italia.
Secondo Roberto Salis il merito dei domiciliari andrebbe piuttosto attribuito ai «giornalisti che si sono messi al lavoro e hanno sollevato il caso», in riferimento al fatto che della detenzione della figlia in Ungheria si cominciò a parlare solo dopo che ne diedero notizia i giornali; e poi alla «mobilitazione popolare che è nata dopo la diffusione delle immagini di Ilaria in catene al processo» e alla «mobilitazione politica, compresa la scelta della candidatura».
Ilaria Salis è infatti candidata alle elezioni europee, che si terranno in Italia l’8 e il 9 giugno, con Alleanza Verdi e Sinistra: se venisse eletta otterrebbe l’immunità da europarlamentare e l’Ungheria dovrebbe liberarla, per poi chiedere eventualmente al parlamento europeo il permesso di procedere nei suoi confronti.
Il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, cioè uno dei due partiti leader della lista con cui Salis sarà candidata alle europee, parlando col Corriere della Sera ha un po’ ironizzato sulla possibilità che il governo italiano abbia avuto un ruolo nella decisione dei domiciliari: «Se così fosse che dire? Bene! Un po’ in ritardo ma bene! Ricordo però che dopo i primi 13 mesi passati da Ilaria in carcere qualcuno sosteneva che certe cose si risolvono in silenzio. E così i mesi di prigione son diventati 16». Il riferimento anche in questo caso è con ogni probabilità ad Antonio Tajani e alle sue dichiarazioni di questi mesi. «Invece con l’impegno di Roberto Salis, la mobilitazione di molti parlamentari, la nostra delegazione presente il 28 marzo all’udienza a Budapest», ha detto ancora Fratoianni, il silenzio «è diventato rumore e qualcosa si è mosso».
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