Democrazia e difesa dei diritti umani sono in “recessione” nel mondo e la “grande sfida del nostro tempo” è reagire ad un simile “arretramento”. È stato questo il messaggio, di allarme e appello all’azione, inviato dal Presidente americano Joe Biden al Summit for Democracy, due giorni di vertice virtuale con 110 Paesi, rappresentati da capi di stato e protagonisti della società civile, ideato dalla Casa Bianca per rilanciare la sua leadership politica contrastando le ambizioni di quelli che considera rivali strategici e portabandiera di modelli autoritari, Cina e Russia.
Democrazia in ritirata?
“Siamo a un momento di svolta nella storia”, nel duello tra democrazia e autocrazie. E “le nostre scelte determineranno il cammino del mondo nei prossimi decenni”. Biden, in collegamento video e accompagnato dal Segretario di Stato Antony Blinken, ha osservato che “i dati puntano nella direzione sbagliata”. Un riferimento indiretto al moltiplicarsi di studi che mostrano un declino di norme e nazioni democratiche e un’erosione del rispetto dei diritti. Tra queste analisi il Civicus Monitor mostra che 13 paesi hanno quest’anno sofferto di riduzioni delle libertà civili, con solo 39 paesi al mondo considerati “società aperte”. Pew Research ha riportato che oggi “l’impegno a favore della democrazia da parte delle popolazioni spesso non è forte” e l’International Institute for Democracy and Electoral Assistance ha riscontrato un record di nazioni con democrazia in ritirata, con l’aggiunta di paesi dagli Stati Uniti all’India e al Brasile. Biden ha parlato di metà delle democrazie al mondo che nell’arco di dieci anni hanno conosciuto erosioni.
Serve essere uniti
“Bisogna unirsi” ha fatto appello Biden, per dimostrare che le democrazie possono portare a risultati per le popolazioni e i loro paesi, meglio delle autocrazie, superando un “cammino a ostacoli”. Ostacoli che, ha ammesso; esistono dentro gli stessi Stati Uniti: con il Paese scosso da divisioni razziali e avanzate dell’estremismo, ha citato gli sforzi, finora senza successo, per far approvare nuove leggi per proteggere e ampliare il diritto di voto e le sfide sofferte dalle istituzioni e tradizioni della democrazia, un riferimento indiretto all’assalto violento al Congresso dello scorso gennaio orchestrato da parte di sostenitori del presidente sconfitto Donald Trump. “Dovremmo rendere più facile, non più difficile, votare”, ha asserito. Biden e il partito democratico accusano apertamente l’opposizione repubblicana di continue e aggressive campagne per la soppressione del voto, in particolare delle minoranze etniche, e di operazioni di manipolazione dei distretti elettorali per assicurarsi successi elettorali. Molti repubblicani ancora considerano l’elezione di Biden una truffa, nonostante la correttezza del voto sia stata ampiamente dimostrata.
424 milioni per i diritti
Washington ha cercato di sottolineare il proprio impegno concreto su scala globale con l’annuncio di 424,4 milioni di dollari in aiuti all’estero, un progetto battezzato Presidential Initiative for Democratic Renewal. I fondi, che dovranno però essere stanziati dal Congresso, sono destinati a sostenere dai media indipendenti alla lotta alla corruzione, da forze riformatrici a tecnologie pro-democrazia a azioni di protezione di elezioni libere.
Draghi, democrazie all’altezza
Tra i leader intervenuti accogliendo gli appelli di Biden, Mario Draghi, secondo cui finora le democrazie sono state “all’altezza” della sfida della pandemia. Devono però continuare tenere fede al loro impegno “per la libertà, l’equità e la prosperità economica per tutti”. Anche in epoca Covid, ha dichiarato, “le nostre istituzioni sono rimaste forti ed efficaci. Abbiamo preservato lo Stato di diritto. Le nostre economie sono in forte ripresa grazie al sostegno senza precedenti fornito dai governi e dalle banche centrali”, ha aggiunto, ricordando il Recovery plan europeo come “esempio di resilienza e democrazia nei giorni più bui della crisi” e le varie iniziative italiane sul fronte dei diritti.