Per questo la parte più convincente di sé Super Mario Bros – Il film la offre quando esagera più che quando si affanna a presentare i go kart, il mondo di Donkey Kong, una mandria di Yoshi o il costume di Mario Tanuki. È invece quando fa entrare in scena Bowser cantando una dolce canzone d’amore, quando svela che le sue ragioni sono di dolcissimo romanticismo che richiama quasi i contrasti e il demenziale delle più sceme serie animate nipponiche (anche se la produzione e la crew del film sono americane e francesi), che allora il film ha un verso senso, che sa divertire con una certa personalità. È nella stupideria più pura che immagini e scrittura trovano l’accoppiata vincente da cui entrambe beneficiano.
Non è il cabinato con il logo Jump Man, non è l’insegna con le papere di Duck Hunt, non la pizzeria Punch Out!!, non sono tutte le melodie da tutti i giochi, la frase “La principessa è in un altro castello” o mettere in mano a Luigi una torcia e spingerlo in una dimora infestata da fantasmi a creare un film che possa dirsi realmente originale. Semmai ad avere un minimo di senso è il costringere Mario a fare e rifare più volte percorsi da platform. “Nessuno ci riesce la prima volta” gli dice la principessa quando lo invita a provare e riprovare, fallire e riprovare ancora fino a che non capisce il tempo con il quale deve saltare, le distanze, l’intensità e il ritmo con il quale muoversi. Quello è un raro momento in cui viene rappresentato qualcosa di unico dei videogiochi (e che Super Mario è stato decisivo nell’introdurre e diffondere), cioè il loro meccanismo base: il miglioramento attraverso i tentativi falliti.
Ma sono tutti momenti marginali nell’economia del film, Super Mario Bros. – Il film rimane un grosso concentrato di gag e fan service che possono sicuramente soddisfare molti (perché è ciò che in molti richiedono o si aspettano) ma che lo colloca in fondo alla scala dell’impegno cinematografico. Ed è un peccato per la Illumination che il film l’ha materialmente realizzato (sono quelli di Cattivissimo me e Pets) non potendo modificare nemmeno un capello del design degli ambienti e dei personaggi si è concentrata nel creare una particolare qualità tattile per ogni materiale.
Se l’animazione in computer grafica di solito non bada ai materiali ma è dominata da una consistenza plasticosa tutta uguale, dalla pelle ai tessuti, in questo film è molto chiaro che gli abiti sono di un materiale diverso rispetto ai pavimenti, che certi oggetti non sono del materiale che ci aspetteremmo e che nel complesso il mondo in cui si muove Super Mario oscilla tra la pupazzosa plasticosità di un regno di finzione e la tremenda e concreta materialità delle sue origini newyorkesi.
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di Gabriele Niola www.wired.it 2023-04-05 04:50:00 ,