Con la Legge di bilancio 2025, l’intenzione del governo guidato da Giorgia Meloni è quella di introdurre significative modifiche al superbonus, l’incentivo fiscale dedicato alle ristrutturazioni edilizie. In particolare, come riporta il Corriere della Sera, chi ha usufruito del superbonus nel 2023 e, a causa dell’incaglio delle cessioni, è stato costretto a chiedere la detrazione diretta nella dichiarazione dei redditi, potrà spalmare il credito con il Fisco in dieci anni anziché nei quattro inizialmente previsti.
Tale opzione, prevista nel disegno della nuova finanziaria, si potrà esercitare per mezzo di una dichiarazione integrativa che andrà di fatto incontro alle necessità di molti contribuenti per i quali altrimenti rischierebbe di andare in fumo parte delle detrazioni, ovvero tutti quei soggetti parzialmente incapienti.
Un caso scuola
Per comprendere la scelta migliore l’impatto di questa modifica, si può per esempio prendere in esame il caso di un eventuale contribuente con un’Irpef calcolata su 30mila euro di imponibile, al netto di altre deduzioni e detrazioni, e ipotizzare che egli abbia fatto lavori per il superbonus al 110% per 50mila euro. L’imposta su 30mila euro è di 7400 euro. Spalmando l’importo dei lavori su quattro anni, avrebbe diritto a un rimborso di 13.750 euro e perderebbe dunque di fatto 6.350 euro. Chiedendo la detrazione in dieci anni, invece, il rimborso sarebbe di 5.500 euro, cifra della quale egli potrebbe usufruire a pieno. Per un contribuente con imponibile da 50mila euro, l’imposta dovuta sarebbe invece di 14.400 euro e consentirebbe la piena compensazione in quattro anni.
Come sottolinea il quotidiano di via Solferino, le cifre prese in esame dimostrano come il superbonus, se non sostenuto dalla cessione del credito, sia un provvedimento fiscalmente regressivo e favorisca quindi i redditi più alti. È inoltre importante specificare che le simulazioni valgono per l’Irpef relativa ai redditi prodotti nel 2023 e, probabilmente, anche per quelli del 2024. Per i redditi del 2025, bisognerà fare i conti con le nuove regole sulle detrazioni che saranno oggetto della manovra.
Cambio di regole
La norma in arrivo colma un vuoto tra le regole previste per il 2022 e quelle in vigore per il 2024. Per le spese del 2022, la possibilità del rimborso decennale era stata introdotta dal decreto blocca cessioni, nel quale però era previsto che l’accensione dei rimborsi slittasse di un anno. I rimborsi relativi al 2022 sono stati chiesti a partire dalla dichiarazione dei redditi presentata quest’anno e relativa al 2023. Per il 2024, il rimborso può essere solo decennale. L’aliquota del superbonus per il 2024 è del resto scesa al 70%.
Il superbonus 110%, raccomandato dal secondo governo Conte come misura fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, ha avuto un impatto significativo sui conti pubblici italiani. Al 31 marzo 2024, il costo complessivo per lo Stato era in particolare stato di quasi 129 miliardi di euro. Tale dato, confrontato con i 500 milioni di risparmio previsti dalla riduzione del numero di parlamentari, evidenzia la discrepanza tra i risparmi promessi in campagna elettorale dai pentastellati e i costi effettivi generati dal superbonus.
Il governo Meloni, il 26 marzo 2024, ha messo fine alla misura, eliminando la possibilità di usufruire dello sconto in fattura e della cessione del credito. Tuttavia, già dall’agosto 2021, l’Agenzia Enea aveva cominciato a pubblicare aggiornamenti mensili sui costi del sostegno, permettendo un monitoraggio costante dell’andamento della spesa.
A livello regionale, il ricorso al superbonus ha visto nel tempo oscillazioni significative: nel dettaglio, il costo pro capite è variato dai 4780 euro della Valle d’Aosta ai 1534 euro della Sicilia, con una media nazionale di 2182 euro. Di fatto, questa analisi evidenzia come l’impatto economico sia stato distribuito in modo disordinato su tutto il territorio nazionale.