Affermarsi come superpotenza mondiale nel campo dei supercomputer. È questo l’obiettivo dell’Unione europea che, con l’iniziativa European High Performance Computing Joint Undertaking partita nel 2018, ha investito oltre un miliardo di euro per un ambizioso piano di sviluppo e condivisione di supercomputer europei che coinvolge 32 paesi.
La scorsa settimana a Dallas, durante la World Computing Conference che assegna il ranking ufficiale a questo tipo di macchine, l’Unione europea ha già visto riconoscersi il ruolo di superpotenza occupando la terza e quarta posizione del ranking con i supercomputer europei Lumi e Leonardo. Il primo è stato inaugurato a Kajaani, in Finlandia lo scorso giugno, mentre il secondo entrerà in funzione ufficialmente questo giovedì al tecnopolo di Bologna. Si tratta di macchine con una potenza di 309 e 250 petaflops, milioni di miliardi di operazioni al secondo.
La corsa al primo posto
Fanno meglio solo Stati Uniti e Giappone. Per ora. Se infatti attualmente le macchine Frontier in California e Fugaku a Kobe occupano i primi due posti del ranking, secondo un alto funzionario dell’Unione europea sentito da Wired presto entrambe potrebbero essere superate dal progetto Jupiter. Si tratta di una nuova macchina che nei primi mesi del 2024 partirà in funzione a Julich, in Germania, la prima in Europa a raggiungere la scala exa, arrivando a un miliardo di miliardi di operazioni al secondo. E Jupiter è solo la punta dell’iceberg: al supercomputer tedesco si aggiungerà anche MareNostrum a Barcellona, un computer di potenza paragonabile a quella di Leonardo previsto per la seconda metà del 2023.
Cybersecurity, medicina, clima
Il perché di questi enormi investimenti? Secondo il funzionario dell’Unione europea attualmente la domanda di potenza di calcolo è ancora molto maggiore rispetto all’offerta. Intelligenza artificiale, cybersecurity, industria, medicina e studio dei cambiamenti climatici sono i campi che più potrebbero beneficiarne. Gli esempi vanno dalla velocità nel rilevare intrusioni nei sistemi informatici, che passerebbe dalle attuali settimane a pochi minuti, alla possibilità di produrre modelli sempre più precisi che ci permettano di capire come si sta evolvendo il clima e che impatti possono avere le politiche scelte in merito. Entro il 2024 dovremmo quindi avere a disposizione un totale di 3000 petaflops: metà di questa capacità verrà riservata ai progetti europei, mentre la parte restante verrà distribuita a livello nazionale.
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di Giacomo Pirrone www.wired.it 2022-11-23 06:00:00 ,