Una nuova proposta di legge sulla videosorveglianza pubblica, in discussione nelle ultime settimane in Svizzera, potrebbe introdurre per la prima volta una legge ad hoc per regolare il settore. Se il Gran consiglio, ovvero l’organo legislativo svizzero, dovesse dare il via libera alla proposta, a partire dal 2024 prima di posare e utilizzare un sistema di videosorveglianza sarà necessario produrre un’analisi di impatto. Un documento utile soprattutto a protezione dei diritti dei cittadini, in cui chi si occupa del trattamento dei dati ne descrive le motivazioni e il possibile impatto negativo.
Non solo. Il governo svizzero si muove in una direzione inedita, sottolineando come dovranno essere sempre privilegiate misure meno invasive rispetto alla videosorveglianza: se per esempio un comune, cantone o un patriziato (ovvero un ente pubblico che gestisce proprietà collettive) vuole agire per limitare gli schiamazzi notturni in una piazza, uno strumento di controllo simile sarà considerato troppo invasivo. Fino a questo momento in Svizzera, così come in molti altri paesi che invece aderiscono all’Unione europea, il generico mantenimento dell’ordine pubblico o della sicurezza pubblica sono stati la motivazione più gettonata per dare il via all’acquisto e all’installazione di videocamere di sorveglianza.
All’articolo 9 della proposta di legge si sottolinea infatti come “un rischio generale e astratto non sia sufficiente e, sebbene non sia necessario che sussista un pericolo concreto, è perlomeno necessario che sia data una situazione di pericolo oggettivamente motivabile”. Nella proposta si parla anche di sorveglianza proporzionata temporalmente, ovvero tenendo in considerazione il momento in cui potrebbero presentarsi problemi di sicurezza, e di filtri per il mantenimento della privacy di tutto ciò che è intorno al bene oggetto di ripresa video.
Il delegato cantonale alla protezione dei dati Giordano Costa ha dichiarato alla Radiotelevisione svizzera italiana (Rsi) che “proporrà una sorta di inventario delle misure di videosorveglianza in atto e poi di fare un’analisi dell’impatto di ognuna di queste videocamere sui diritti dei cittadini”. Diritti che con questa nuova legge potranno essere difesi davanti alle autorità competenti.
La videosorveglianza è repressiva
In un paragrafo della proposta di legge è presente una inedita analisi critica in merito all’efficacia e all’idoneità della videosorveglianza nel prevenire i reati. “Se volessimo proteggerci da atti vandalici per mano di soggetti socialmente marginalizzati, l’effetto dissuasivo sarebbe ridotto”, dice il Consiglio di stato (l’organo legislativo svizzero), in quanto “i marginalizzati solitamente non hanno consapevolezza del rischio corso”. Anche in casi di atti compiuti da soggetti in stato d’ira, “l’effetto deterrente sarebbe pressoché nullo”.
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di Laura Carrer www.wired.it 2023-06-05 05:00:00 ,