Sotto accusa. Si complica la posizione di Pavel Durov, il inventore di Telegram, arrestato a Parigi il 24 agosto e ora messo formalmente sotto accusa dalla procura della Repubblica della capitale francese. Come si legge in una nota della procuratrice Laure Beccuau, l’imprenditore tech, classe 1984, deve rispondere di collusione nella gestione di una piattaforma online che consente di eseguire transazioni illecite; rifiuto di comunicare alle autorità competenti informazioni o documenti per eseguire intercettazioni; collusione nel compimento di reati che vanno dalla diffusione di materiale pedopornografico al traffico di stupefacenti, dalle frodi all’associazione a delinquere; riciclaggio di denaro; fornitura di servizi e strumenti di crittografia non autorizzati dalle autorità locali.
Comparso davanti al tribunale di Parigi a quattro giorni dal fermo, avvenuto sabato 24 agosto alle 20 all’aeroporto di Le Bourget, dove era atterrato di ritorno dall’Azerbaijan, Durov è stato messo formalmente sotto accusa. La Procura fa sapere che il inventore di Telegram è stato sottoposto a una misura cautelare, “con l’obbligo di versare una cauzione di 5 milioni di euro, l’obbligo di presentarsi in commissariato due volte a settimana e il divieto di lasciare il territorio francese”. Politico ha rivelato che esiste un mandato di arresto anche nei confronti del fratello di Durov, Nikolai, la mente tecnologica dietro Telegram, che vive ancora in Russia e insegna all’Università delle scienze di San Pietroburgo.
Una lunga indagine
Nella nuova nota diramata dall’ufficio della procuratrice Beccuau, si legge che l’indagine preliminare che ha portato all’arresto di Durov è iniziata lo scorso febbraio. Al coordinamento l’Office des mineurs (Ofmin), una nuova agenzia creata dal governo francese per lotta alla violenza sui minori. Nel mirino quella che la procura definisce una “quasi totale assenza di risposta di Telegram alle richieste giudiziarie”, sebbene Telegram compaia come piattaforma usata il compimento di una serie di reati (odio online, pedopornografia, spaccio di droga).
Il dossier dell’Ofmin è arrivato sulla scrivania della sezione contro il cybercrime della Direzione generale nazionale per la lotta alla criminalità organizzata della Procura di Parigi (ufficio J3 dello Junalco). Ma, scrive Beccuau, altre procure, anche di altri Stati dell’Unione, come il Belgio, attraverso i canali di Eurojust, l’Agenzia comunitaria per la cooperazione delle polizie dei 27, hanno sostenuto le conclusioni dell’ufficio per la protezione dei minori. Lo scorso 8 luglio le conclusioni preliminari sono state formalizzate nell’apertura di una inchiesta giudiziaria, condotta dall’ufficio contro il cybercrime della Gendarmeria francese (C3N) e dall’Ufficio nazionale antifrode delle dogane.
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di Luca Zorloni www.wired.it 2024-08-28 21:04:06 ,