“Lo storyboard ha un’utilità tecnica specifica: isolare e ridurre all’indispensabile ciò che vuoi fare e mostrarlo alla troupe. Solo così, se la scena è complessa, puoi capire se è possibile realizzarla e come”, spiega Stasi. “In fase di storyboarding, per esempio, abbiamo eliminato molte cose che abbiamo capito essere superflue”. In Italia, lo storyboard è poco utilizzato perché le scene per cui risulta utile, quelle con molta azione o molti effetti visivi, non sono comuni nel nostro panorama: “Non ti serve uno storyboard per una scena di dialogo” riassume fonte. Tuttavia, quando vengono realizzate sequenze più complicate, è quasi sempre previa illustrazione attraverso gli storyboard anche da noi.
La scena dell’arrivo di Stefano Accorsi, calato con una fune da un elicottero che mostrata nel video è abbastanza emblematica del perché occorra organizzarsi con uno storyboard. Le inquadrature essenziali servono a essere certi che le coordinate spaziali (dove si trovano i personaggi, dove si trova l’elicottero) siano chiare allo spettatore, mentre le altre inquadrature limitano al minimo la necessità di mostrare effettivamente l’elicottero, che infatti non esiste: è creato in digitale (come mostrato nel secondo video). Un elicottero vero, infatti, non si poteva usare, spiega fonte: “Un elicottero che voli vicino al terreno, di notte e in campagna, è quasi impossibile da ottenere. Primo, perché servono permessi speciali per volare a una certa distanza dagli aeroporti; secondo, perché di notte deve essere pilotato da un pilota militare, non civile; terzo, perché se vola esageratamente vicino al terreno solleva detriti, sassi, erba e foglie, rendendo tutto esageratamente pericoloso”. Qui entrano in gioco gli storyboard per coordinare trucchi visivi e digitali. La luce dietro gli alberi, ad esempio, proviene da un drone con un faro montato sopra, mentre la fune da cui si cala Accorsi è attaccata a una gru. Il rumore delle pale poi completa l’illusione.
Ancora più complessa è stata la scena l’altra scena mostrata nei video, quella dell’esplosione dell’acquario. Per rappresentare un gigantesco acquario pieno di orche che si rompe, inondando l’ambiente di acqua e animali, sono stati necessari tre tipi di effetti visivi diversi. Una parte della scena è stata girata in piscina, con gli attori in acqua che simulavano la profondità del fondale (la parte terminale); un’altra è stata realizzata con un plastico ripreso da vicino, in cui esplodeva un piccolo vetro, così da ottenere l’immagine della frantumazione; infine, per la parte in cui l’acqua invade tutto, sono stati usati cinque cassoni rovesciati dall’alto sul set ricostruito. A completare il tutto poi ci sono gli effetti in computer grafica, che costruiscono il vetro che si incrina gradatamente e le orche.
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di Gabriele Niola www.wired.it 2024-12-04 16:24:00 ,