Un giorno, i due trovano una scimmietta giocattolo a molla, e scoprono che quando viene caricata innesca la morte di chiunque li circondi (no, non funziona come il diario di Death Note). I ragazzi tentano di liberarsi del mostriciattolo – una sorta di orribile incrocio tra una bambola assassina e la protagonista di Monkey Shines – Esperimento nel terrore – ma questa, ovviamente, si ripropone implacabilmente. Un flashback con l’Adam Scott di Scissione nei abiti del padre chiarisce quanto maligna e inesorabile sia questa versione della Morte di Final Destination, e quanto sia perversamente fantasiosa e originale nel perpetrare i suoi delitti. Prima di abbandonarsi a un’apoteosi di inevitabile carneficina, The Monkey infonde nella narrazione alcune riflessioni che aggiungono un livello tragico, triste e amaro alla pellicola, e che riguardano le relazioni familiari e la morte.
Forse Perkins, come Hal, crede che la famiglia sia una maledizione, o che le maledizioni di famiglia siano reali (il fatto che il regista abbia perso in modo traumatico entrambi i genitori – l’attore Anthony Perkins e Berry Berenson – potrebbe avere avuto una certa influenza). Da questa considerazione scaturisce un’altra riflessione: come si fa a vivere con la consapevolezza che la morte è inevitabile e colpirà i nostri cari? Perkins riesce a fondere il tutto – splatter, umorismo nero e profondità emotiva – in un film che ha il suo climax nel furibondo massacro di un sacco di gente fatta fuori in incidenti assurdi e comici (presente Beep Beep e Willy il coyote?). Delizioso!