Lungo tutta la serie, Oswald Cobblepot ha un range espressivo piuttosto limitato, nonostante il personaggio per come è scritto richiederebbe una gamma emotiva più ampia. È indubbiamente ben caratterizzato, molto particolare e memorabile, con un carattere deliberato che lo distingue dal gangster generico. Tuttavia rimane sempre un po’ distante. La serie vuole farci empatizzare con questo cattivo, che tradisce e uccide anche chi gli è vicino, facendoci allo stesso tempo odiare le sue azioni. Persino i personaggi a cui ci si potrebbe affezionare vengono massacrati. L’elemento più interessante di The Penguin è proprio il tentativo di farci avvicinare a lui, specialmente nelle ultime puntate, quando viene esplorato il suo rapporto con la madre, per renderlo più umano e creare un legame con gli spettatori.
Per tutto il tempo, però, ci troviamo di fronte un’espressività limitata. Oswald Cobblepot ha solo 4-5 tipi di emozioni: eccitato, depresso, preoccupato, triste e pensieroso. Non mancano i momenti emotivamente intensi; semmai, sono le sfumature a non esserci. E proprio per le caratteristiche di questa storia (un cattivo che finiamo per capire e nonostante resti comunque un cattivo), le sfumature dovrebbero essere l’elemento fondamentale. Quando Tony Soprano scopre che uno dei suoi fedelissimi è diventato un informatore dell’FBI e deve ucciderlo, è disperato ma anche arrabbiato. Quando invece uccide qualcuno come parte della routine del suo lavoro, è spietato, ma c’è anche un atteggiamento da “giornata qualunque” che si legge sul suo volto. Quando manda in rovina il ristorante di un amico per specularci è divertito in una maniera particolare, prova un certo piacere ad avere fatto bene il suo lavoro senza vedere la disperazione che ha causato. È questo che rende I Soprano così diversa da tutto il resto, la mescolanza raffinata di emozioni diverse che non siamo abituati a vedere insieme.
The Penguin, pur cercando di imitare quel modo di fare, è una storia a tinte forti in cui il protagonista, con il suo “mascherone”, ha solo espressioni estreme. E benché non ci siano tracce di supereroi (tutta la serie si svolge come se non fosse ambientata nel mondo di Batman), lo stesso non riesce a trovare in pieno il realismo che cerca, perché l’ambiguità presente nella scrittura non può essere resa pienamente da Colin Farrell. Quanto avrebbe fatto la differenza avere in quel ruolo un attore altrettanto bravo (forse anche di più!), che non dovesse recitare con tutto quel trucco e quelle protesi? Una modesta proposta: Paul Walter Hauser.
Leggi tutto su www.wired.it
di Gabriele Niola www.wired.it 2024-09-19 09:53:09 ,