Threads, il social di Meta nato per sostituire Twitter, continua a crescere a ritmi impressionanti, con 15 milioni di nuovi iscritti solo lo scorso novembre. Eppure, la sua reputazione resta in bilico: tra utenti rancorosi, dinamiche tossiche e una costante mancanza di identità, la piattaforma sembra più un megafono per il dissenso che un vero spazio di conversazione. C’è chi lo lascia senza rimpianti, senza drammi. Ma davvero Threads è già al capolinea o esistono ancora nicchie che riescono a farlo funzionare?
Qualche tempo fa, mentre scrollavo per inerzia Instagram, in preda a un chiaro burnout da delusione amorosa, mi sono imbattuta in una Storia di una mia amica, la Cleo, mio personalissimo punto di riferimento, talentuosa cantante, donna con un senso della calma e della diplomazia molto personale, punk vecchio stile, femminista quasi anni ’70 e proprietaria di buon senso (concretissimo) che spiazza nove su dieci. L’annuncio era secco, senza drammi: saluto Threads. Nessuna polemica, nessun congedo teatrale. In allegato al triste e sintetico commiato, una brevissima sintesi delle ragioni che l’hanno portata a prendere il largo dall’ultimo nato di Meta: “Non ha conversione su Instagram, è estremamente tossico e la gente si prende una confidenza che non concederei mai.”
Ammetto che io del social in questione me ne ero compiutamente dimenticata; ho realmente rimosso dalla memoria in fatto che esistesse. Eppure mi ci sono iscritta (un po’ come molti altri) soltanto uscito perché le novità alla fine piacciono sempre a tutti, per poi dimenticarmelo compiutamente, perché giustamente le cose scialbe e senza sapore un po’ te le scordi. Ho fatto mente locale e in effetti, se c’è un social che ha avuto la parabola di un fuoco d’artificio difettoso, quello è Threads. Nato per spodestare X (o Twitter, o l’ultima follia di Elon Musk, chiamatelo come vi pare), ha avuto un boom iniziale, un tracollo e a fine 2024 un’impennata improvvisa generata dal risultato delle elezioni americane. Solo a novembre ha registrato 15 milioni di nuovi iscritti, come detto. Un numero impressionante, se non fosse che non significa assolutamente nulla. Perché se i MAU (utenti attivi mensili) sono saliti a 286 milioni, quello che succede sulla piattaforma è tutt’altro che incoraggiante.
Nemmeno l’antipatia mondiale per Musk è riuscita a trasformare Threads in un’alternativa decente a X. Anzi. Se possibile, è pure peggio. Un posto pieno di foto di piedi, boomer catapultati lì da altri social Meta, arrivisti con un megafono e soprattutto un esercito di rancorosi. Perché, più di ogni altra cosa, Threads è diventato la terra promessa di chi non sa dove sfogare la propria invidia. So che sembra incredibile, ma è peggio di Facebook.
Non serve nemmeno un argomento. Basta dissentire, sempre e comunque. E farlo forte. Basta vomitare il proprio rancore in un post e sperare che qualcuno lo raccolga, lo amplifichi, lo trasformi in una shitstorm per mezza giornata prima che l’attenzione si sposti su qualcos’altro, ovviamente sempre da odiare o come minimo biasimare.
A onor del vero, qualcosa e qualcuno lì sopra funziona, ovvero la verticalizzazione. Profili iper-specifici, basati su consigli giornalieri, nicchie ben definite e aggiornamenti costanti. Costanza (come per tutti i social) è la parola d’ordine. Se vuoi sopravvivere su Threads, devi avere una missione chiara e un pubblico disposto ad ascoltarla. Se cerchi un luogo di dibattito o di confronto sano, invece, buona fortuna.
E allora, forse, le amiche “diversamente ragionevoli” non hanno torto. Se un social non serve, non converte, non arricchisce e in più ti intossica, perché restarci? Per nostalgia? Perché forse un giorno servirà? O, peggio ancora, per paura di perdere un pezzo di conversazione che, spoiler: non vale la pena ascoltare? Nah. Tanto vale fare quello che il 90% dei pavidi fa nelle relazioni: ghostarlo senza lasciare traccia.