Otto anni fa, ricordando in un’orazione Giorgio Almirante, la futura premier italiana, Giorgia Meloni, invitò a combattere contro “quel nemico subdolo che Tolkien chiamerebbe l’anello del potere”. L’idea era che la destra finita a governare in Europa avesse tradito le borgate e la gente semplice, scegliendo al suo posto le banche e i vincoli della finanza.
Giorgia Meloni, allora leader di una destra radicale attorno al tre % di consensi, ma che sarebbe finita a Palazzo Chigi e dietro le quinte a trattare proprio con quel Partito popolare europeo che considerava complice dei poteri forti, “si divertiva a travestirsi da hobbit“. È l’incipit di un articolo di Jason Horowitz, che sul New York Times dell’autunno scorso, poco prima delle elezioni generali, ricercava la passione della leader e della destra italiana in generale per J.R.R. Tolkien, tra gli autori più venduti del Novecento, scomparso il 2 settembre del 1973.
Poco prima dell’inchiesta aveva fatto il giro dei social il profilo, risalente al 1998, di una Meloni appena ventunenne – ma già da sei anni in politica col Fronte della gioventù, l’organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano (Msi) – che si presentava sul canale Undernet “col nome di Khy-ri… Romana, socialmente impegnata e con un bel caratterino“. E che metteva, in cima ai suoi amori culturali, la trilogia tolkeniana. E in effetti Giorgia partecipava, in quel periodo giovanile, ai cosiddetti Campi Hobbit, i raduni della destra che usavano appunto i simboli della Terra di Mezzo a per costruirsi una nuova mitologia, emancipata dai segni imbarazzanti della nostalgia fascista esplicita. Ma perché questa influenza così forte su quei giovani?
Un fenomeno italiano
Innanzitutto va detto che l’appropriazione culturale del britannico Tolkien a destra è un fenomeno quasi interamente italiano. Provate a parlarne ai “capelloni” che hanno animato la controcultura statunitense dei Sessanta, e vi diranno che consideravano Il Signore degli Anelli un testo sacro. Lo scrittore Theodore Roszak non a caso raccontò di “hippies attorno ai trent’anni che portano distintivi con scritto ‘Frodo vive’ e arredano i loro appartamenti con mappe della Terra di Mezzo (era anche un club londinese alla moda, ndr)”. Le prime traduzioni animate dell’opera portavano con sé i segni di quell’escapismo campestre. Persino l’editore italiano – e di destra – Rusconi non aveva potuto fare a meno di apporre, su una ristampa del 1977, una fascetta con la dicitura “la bibbia degli hippies”.
Ma il successo di Tolkien in Italia, all’inizio dei Settanta, per mano di Rusconi, arrivò in una fase di grande turbamento nella destra radicale. La contestazione studentesca provocò una frattura generazionale nel neofascismo: l’Msi si schierò contro la protesta, mentre le sue organizzazioni giovanili vi aderirono. Nonostante il ‘68 fosse dominato da marxisti, socialisti, anarchici e da posizioni “eretiche” rispetto al quelle tradizionali del radicalismo di destra, alcuni intellettuali d’area come Julius Evola e Adriano Romualdi lo guardano inizialmente con favore. Altri appoggiarono persino Che Guevara e i vietcong.
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di Paolo Mossetti www.wired.it 2023-08-31 05:00:00 ,