Breve aggiornamento per chi si fosse perso gli ultimi sviluppi del tentativo di “sostituire l’egemonia culturale della sinistra” – parole del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano dello scorso gennaio – da parte della Destra italiana di governo: J.R.R. Tolkien, autore de “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit”, è stato assunto a riferimento culturale della destra radicale, o destra-destra come la chiama qualcuno. Non si tratta di una vera e propria novità: è dagli anni ’70 che intellettuali d’area come Evola e Romualdi guardano a Tolkien con favore. Si aggiunga la prefazione di Elémire Zolla del 1970 alla prima edizione Rusconi – l’unico, in quegli anni, a riconoscere in Italia il valore letterario dello scrittore britannico – che ha contribuito a saldare il binomio Tolkien-destra, sottolineando l’antitesi, a dire di Zolla evidente nei testi, tra mondo antico e moderno, tra progresso e tradizionalismo. Terreno fertile per posizioni ultra-conservatrici.
Nel 2015 fu Giorgia Meloni in un post sui social a invitare i propri follower a combattere quel “nemico scaltro che Tolkien chiamerebbe gli anelli del potere”, riferendosi all’élite finanziaria globale; e nel tempo non sono mancati riferimenti, citazioni e tentativi vari di cementificare il buon Tolkien nel pantheon dei (pochi) riferimenti culturali conservatori.
Non stupisce allora l’euforia manifestata negli scorsi giorni per l’apertura di una mostra alla Galleria Nazionale di Roma, fortemente voluta dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, dedicata proprio a Tolkien, nel cinquantenario della scomparsa e dalla prima traduzione italiana de “Lo Hobitt”. Mezzo Governo, inclusa Meloni, e perfino il Presidente del Senato Ignazio La Russa hanno sfilato nei giorni dell’inaugurazione, e non potevamo certo noi esimerci dall’andare a sbirciare questo primo dirompente tentativo di ribaltamento della “egemonia culturale” imperante.
Cosa abbiamo visto a Roma
Diciamolo subito: la mostra è deprimente. Deprimente nell’accezione letterale del termine: “che provoca sconforto e sfiducia; avvilente, desolante, sconfortante, triste” (Oxford Languages). Consta di appena quattro sale e non dà alcun valore aggiunto né al Tolkien uomo, né al Tolkien professore, né tantomeno all’autore e alla sua arte.
“Tolkien, Uomo, professore, autore”, è infatti questo il titolo dell’esposizione curata da Oronzo Cilli, membro della Tolkien Society inglese, presidente dell’associazione Collezionisti Tolkieniani Italiani, nonché assessore alla Cultura e al Turismo del comune di Barletta, non convince. Non tanto per i materiali raccolti da Cilli, tra cui una notevole collezione di volumi delle opere di Tolkien tradotte nelle principali lingue, ma perché di interessante, appunto, c’è soltanto quello.
Il resto è uno sconfinato apparato di testi da far perdere la vista (e la pazienza) anche ai più appassionati, che difficilmente troveranno curiosità inedite. È tutto già visto, già sentito, poco accattivante. Le interviste allo scrittore proiettate alle pareti sono le stesse visibili gratuitamente su YouTube; la riproduzione dello scrittoio di Tolkien, illuminato nel buio di uno stanzino, sembra una di quelle attrazioni posticce da parco divertimenti di provincia; per non parlare dell’allestimento banale e un po’ sciatto degno della palestra di una scuola media piuttosto che la manifestazione di un nuovo “corso culturale”.
Insomma, una mostra tirata su “con una scarpa e una ciabatta” nel tentativo di consolidare uno “scippo” culturale che non ha alcun fondamento. E a molto non sono serviti i 250mila euro investiti dal Ministero per dare sostanza a un progetto fallace già nelle premesse. O almeno a rispondere alle aspettative che la Destra stessa aveva investito sulla mostrsa.
Se questo doveva essere il biglietto da visita di una nuova linea culturale, meglio correre subito in tipografia per una ristampa dei layout.
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di Daniele Biaggi www.wired.it 2023-11-23 08:52:29 ,