Analogamente, Yang-rae trova il modo di smarcarsi dalle responsabilità per le sue azioni criminose addossando la colpa al “mostro con un sguardo solo che ha abusato di lui da bambino“. Anche Yeon-He è perseguitata da visioni: vede la sorella morta. La detective, tuttavia, è l’antitesi degli altri due: non usa le sue visioni per giustificarsi, ma all’opposto attinge a loro per punirsi, per non permettersi di lasciarsi dietro i propri sensi di colpa. Tre rivelazioni si avvale della potenza della sua narrazione visiva: il film è fatto della materia degli incubi, è un horror pieno di immagini terrificanti, infarcito di figure oscure, di volti maligni (anche quelli divini sembrano spaventosi e ostili), di spiriti, di demoni. Queste visioni indelebili e scioccanti, di volta in volta vivide o rarefatte, potenti o sfuggenti, realistiche o oniriche, le ottiene unendo effetti artigianali e Cgi, ricorrendo a una fotografia cupa e suggestiva. La natura si presta a queste manipolazioni della mente, così come gli oggetti inanimati – una finestra o una macchia sul muro – che si deformano in mostruosità fantastiche.
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di Lorenza Negri www.wired.it 2025-03-21 15:00:00 ,