NEW YORK – Gli Stati Uniti dovrebbero raddoppiare gli impegni presi per la riduzione delle emissioni di gas, portandoli almeno al 50% sotto i livelli del 2005, e farlo entro il 2030. E’ quanto chiedono a gran voce non solo gli attivisti della lotta contro i cambiamenti climatici, ma anche alcune delle più grandi aziende del paese. E la Casa Bianca sta ascoltando, perché potrebbe annunciare questa iniziativa nei prossimi giorni, in vista del summit sul clima che il presidente Joe Biden ospiterà in forma virtuale giovedì e venerdì.
L’amministrazione Obama, che aveva negoziato l’accordo di Parigi, aveva promesso di tagliare le emissioni tra il 26 e il 28%, rispetto ai livelli del 2005, raggiungendo l’obiettivo entro il 2025. Poi però è arrivato Trump, è uscito dall’intesa, e la situazione globale è nettamente peggiorata, nonostante molte città, stati e aziende private americane abbiano comunque continuato a rispettare i parametri. Come ha ammesso l’inviato speciale per il clima John Kerry, nessuno ha davvero applicato a pieno gli impegni presi con l’accordo di Parigi, e questo ora ha creato l’urgenza di accrescerli e accelerarli.
Giovedì e venerdì Biden ospiterà il Leaders Summit on Climate, a cui è invitato anche il premier italiano Mario Draghi. Lo scopo è accelerare la risposta, spingendo i grandi inquinatori ad adottare misure più ambiziose per ridurre le emissioni, in vista della conferenza COP26 di Glasgow a novembre. A questo scopo oltre 300 aziende riunite nella We Mean Business Coalition hanno inviato una lettera al capo della Casa Bianca, con cui lo sollecitano a ridurre le emissioni di gas del 50% sotto ai livelli del 2005, entro il 2030. I firmatari sottolineano che danno lavoro a 6 milioni di americani in tutti i 50 stati, generano 3 trilioni di ricavi all’anno, e quelli di loro che si occupano di investimenti gestiscono un trilione di assets. Il loro punto è che limitare le emissioni e investire nell’economia verde non serve solo a proteggere l’ambiente, ma anche a creare crescita sostenibile e posti di lavoro. Così tagliano le gambe al principale argomento usato dai repubblicani per bloccare ogni iniziativa, basato sul fatto che agire contro il riscaldamento globale costerebbe caro ai cittadini. Non è così, rispondono le grandi aziende Usa. Gli americani, e non solo loro, ci guadagnerebbero, perché oltre a vivere in un pianeta più pulito, avrebbero più posti di lavoro, reddito e crescita.
Un elemento molto significativo è che tra i firmatari della lettera a Biden non ci sono solo i suoi alleati naturali, come i colossi tecnologici tipo Apple, Facebook, Google o Microsoft. Anche Altria e Philip Morris International, tradizionalmente vicine ai repubblicani, o aziende dei settori più svariati tipo Pfizer, Verizon, Unilever, Coca Cola, Siemens, Nike, Levi Strauss, McDonald’s, General Electric, Enel Green Power North America, si sono unite all’appello. Ciò aumenta fortemente la pressione per una svolta.
In preparazione del Summit di giovedì, l’inviato speciale Kerry è andato a Shanghai per incontrare il suo omologo Xie Zhenhua, e i colloqui hanno prodotto un comunicato congiunto con l’impegno a rafforzare le iniziative per contenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi. Il testo include pochi dettagli, dopo la promessa di Pechino di toccare il picco delle emissioni nel 2030 e diventare carbon neutral entro il 2060. Però riapre il dialogo, va in controtendenza rispetto alle tensioni crescenti fra i due paesi, e apre la strada alla partecipazione di Xi al vertice di Biden. Washington da parte sua si prepara ad annunciare le nuove Nationally determined contributions, che dovrebbero effettivamente puntare a tagliare le emissioni di circa il 50% entro la fine del decennio. Per la sua prossima missione, poi, Kerry punta a visitare proprio Italia e Germania, per spingere anche l’Europa a prendere impegni più ambiziosi.