Trieste – Prima hanno provato a rilanciare le cosiddette riammissioni ( illegali) verso la Slovenia ( che fermamente ne ha rifiutato il 90 %), poi hanno provato persino a respingere ed espellere gli afghani (ovviamente con tutti i requisiti per ottenere asilo) che arrivano via terra dalla rotta balcanica. E’ constellata da insuccessi ma anche da un indomabile tentativo di utilizzare tutti gli esamotage possibili per provare ad aggirare le leggi e le convenzioni internazionali l’intenzione del governo italiano di respingere alla frontiera il maggior numero di migranti possibili.
Proprio per dire no a nuovi muri e sì all’accoglienza oggi diverse centinaia di persone hanno aderito alla marcia ( manifestazione finale della tre giorni del festival Sabir organizzato da Arci con Caritas italiana, Acli e Cgil) che ha ripercorso gli ultimi chilometri della cosidetta rotta balcanica, quelli che lungo sentieri boschivi scende dal Castello di Socerb per arrivare nella piazza centrale di San Dorligo della Valle.
Sentieri dove il passaggio di decine di migranti ogni giorno è testimoniato da abiti abbandonati ma anche da oggetti, biglietti, tagliandi di viaggio, scontrini, qualsiasi elemento che – in caso di fermo da parte delle pattuglie della polizia italiana – possa consentire di provare i luoghi di provenienza e transito di quei migranti che, in massima parte, sperano di riuscire ad oltrepassare la frontiera italiana per poi dirigersi rapidamente verso i Paesi del nord Europa aggirando così il regolamento di Dublino.
“E’ quello che fanno soprattutto gli afghani – spiega Gianfranco Schiavone, vicepresidente di Asgi – sapendo bene di avere tutti i requisiti per potere ottenere l’asilo, al loro arrivo in Italia ( che quasi mai è il Paese in cui pensano di rimanere) non presentano richiesta di asilo per evitare di rimanere imbrigliati nel regolamento di Dublino che li obbligherebbe a rimanere in Italia. Dunque, quando capita che questi migranti vengono fermati dalle pattuglie italiane non sono tecnicamente dei richiedenti asilo ma solo dei migranti entrati illegalmente. Con questa motivazione l’Italia negli ultimi mesi ne ha respinto, con tanto di provvedimento di espulsione, diverse centinaia. Provando così a rimandare indietro migranti, come gli afghani, che sono in assoluto la categoria a cui l’asilo viene riconosciuto sempre”.
Secondo uno studio di Altraeconomia sono stati almeno 500 i provvedimenti di espulsione che negli ultimi mesi sono stati emessi dalle autorità italiane nei confronti di cittadini afghani. Espulsioni con foglio di via naturalmente vista l’impossibilità di riportare indietro i migranti arrivati fino al confine. Un flop anche le tanto strombazzate riammissioni concordate con la Slovenia: l’85 % di quelle richieste dall’Italia ( 167 su 190) sono state rifiutate dalla Slovenia e alla fine l’Italia ha desistito. “L’indiscutibile condizione di estremo pericolo in cui si trova oggi qualsiasi cittadino afghano che sia fuggito dal suo Paese – dice ancora Schiavone – configura l’assoluta proibizione di emettere nei suoi confronti un provvedimento di espulsione. Tutto ciò è pienamente noto alla prefettura di Trieste che però ha agito in contrasto con la normativa e alla quale andrebbe dunque chiesto di fornire precise spiegazioni di tale condotta”.
Da qui la protesta con la marcia di oggi. “Attraversiamo il confine tra Slovenia e Italia per dire che nel 2023 è impensabile lasciar passare liberamente merci e denaro, ma non le persone” – dice Walter Massa, presidente di Arci. La Slovenia ormai è area Schengen, quindi la frontiera con l’italia non c’è più, e infatti gli attivisti italiani hanno potuto varcare la frontiera slovena. Una passeggiata di circa 5 chilometri acui però non hanno potuto partecipare i rifugiati residenti in italia, giunti proprio da quel lato, che pur sostenendo le istanze del flesh mob, per legge non possono lasciare il nostro paese.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-05-13 15:52:22 ,www.repubblica.it