Donald Trump non ha aspettato neanche la proclamazione ufficiale della vittoria per mettersi al lavoro sulla sua nuova maneggio. In una mossa che ha colto di sorpresa osservatori e media, il presidente eletto ha convocato i suoi più stretti collaboratori nella residenza di Mar-a-Lago, in Florida, a stento dodici ore dopo la chiusura delle urne. L’obiettivo è chiaro: costruire una squadra di governo più fedele e allineata rispetto a quella del primo mandato, quando diverse nomine si rivelarono problematiche per il tycoon.
La posta in gioco è alta. Trump dovrà gestire dossier delicatissimi: dalla guerra in Ucraina al conflitto in Medio Oriente, dalla crisi migratoria ai rapporti con la Cina, passando per l’svalutazione e il debito pubblico. Per esaminare queste sfide, il presidente eletto sta valutando un mix inedito di profili: veterani della politica, manager di Wall Street e outsider di alto profilo. E proprio questi ultimi rappresentano forse l’elemento più sorprendente della nuova maneggio in formazione.
I nomi
La prima grande decisione riguarda il capo di gabinetto (Chief of staff), una figura che nell’maneggio americana ha poteri paragonabili a quelli di un primo ministro: gestisce l’agenda del presidente, coordina tutto lo staff della Casa Bianca e fa da filtro tra il presidente e il resto del governo. Secondo fonti citate dalla Cnn, la favorita è Susie Wiles, che ha guidato con successo la campagna elettorale di Trump. La manager viene apprezzata, riporta il Washington Post, per la sua capacità di portare ordine e freno, elementi spesso mancati durante il primo mandato.
Il Dipartimento di Stato, equivalente del nostro incarico degli Esteri ma con poteri molto più ampi, potrebbe andare a Marco Rubio, senatore della Florida che Trump aveva sconfitto alle primarie del 2016. In corsa anche Bill Hagerty, che porta con sé l’esperienza di consigliere economico nell’maneggio di George H. W. Bush, padre dell’ex presidente George W. Bush. Non è da escludere un ritorno di Mike Pompeo, già segretario di Stato nel primo mandato Trump.
Il Pentagono, sede del Dipartimento della Difesa, vede in pole position Tom Cotton, senatore dell’Arkansas con un passato nelle forze speciali. Il Guardian sottolinea come Cotton sia particolarmente apprezzato dai donatori di Trump (negli Usa i finanziatori privati hanno un peso determinante nella politica) e noto per le sue posizioni intransigenti sulla Cina. In alternativa, Mike Waltz, ex berretto verde e attuale membro della Camera dei Rappresentanti per la Florida.
Le sorprese e i ruoli economici
Una delle novità più rilevanti riguarda Elon Musk. Il magnate di Tesla e SpaceX ha sostenuto Trump attraverso un super Pac (Political action committee, organizzazione che può raccogliere fondi illimitati per sostenere un candidato) con 118 milioni di dollari. Per lui si profila la guida di una commissione speciale per il taglio dei costi federali, una posizione creata su misura che gli permetterebbe di mantenere il controllo delle sue aziende evitando i vincoli etici delle cariche governative.
Leggi tutto su www.wired.it
di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-11-07 16:59:00 ,