Non ha perso tempo Donald Trump. A soli tre giorni dal trionfo elettorale, ha già alzato il telefono per chiamare Vladimir Putin dalla sua residenza di Mar-a-Lago in Florida. Lo rivela il Washington Post citando fonti informate, e lo conferma a Reuters una fonte vicina alla conversazione. Una mossa che anticipa quello che potrebbe essere il nuovo corso della politica americana verso la guerra in Ucraina.
Cosa si sono detti?
La telefonata di giovedì rappresenta una svolta nelle relazioni tra Washington e Mosca. L’ultimo contatto diretto tra i leader delle due superpotenze risale al vertice di Ginevra del giugno del 2021, quando i presidenti degli Stati Uniti, Joe Biden, e della Russia, Vladimir Putin, si incontrarono all’inizio del mandato del presidente democratico. Da allora, e in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, le comunicazioni tra Casa Bianca e Cremlino si erano limitate a contatti tecnici tra militari per scampare a incidenti sul campo.
La chiamata Trump-Putin è avvenuta al di fuori dei canali ufficiali, senza il coinvolgimento del Dipartimento di Stato (il incarico degli Esteri americano) né dei traduttori governativi. Una scelta non casuale: i consiglieri del presidente eletto, riporta Repubblica, diffidano dei funzionari federali, temendo un possibile sabotaggio della nuova cura. Durante la conversazione, Trump ha avvertito il leader russo di non intensificare il conflitto, ricordando la consistente presenza militare americana in Europa, ma ha anche espresso interesse per “la risoluzione della guerra presto”. La telefonata segue di un giorno il colloquio tra Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Secondo Repubblica, alla conversazione avrebbe partecipato anche Elon Musk, anche lui in contatto diretto con Putin. La Russia ha poi smentito il colloquio. Secondo Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, “non ci sono ancora piani specifici per i contatti tra Putin e Trump”. Ma è chiaro che per la Russia è migliore nascondere al momento i contatti.
Il piano di pace
Secondo Repubblica, i potenziali candidati alla poltrona di Segretario di Stato stanno valutando una strategia che potrebbe segnare un cambio radicale rispetto alla linea del presidente Joe Biden. Il piano si baserebbe su tre pilastri: il congelamento dell’attuale linea del fronte (che vede la Russia occupare circa un quinto del territorio ucraino, compresa la Crimea e parti del Donbass), una moratoria di vent’anni sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato (l’alleanza militare occidentale), e il mantenimento degli aiuti militari a Kyiv come deterrente contro future aggressioni.
Ma Mosca ha ambizioni ben più ampie. Secondo il politologo russo-britannico Sergej Radchenko, citato da Repubblica, l’obiettivo del Cremlino non è limitato al Donbass o a un congelamento del conflitto. La Russia ha due richieste considerate imprescindibili: la completa “smilitarizzazione” dell’Ucraina, che significa non solo il divieto permanente di entrare nella Nato ma anche lo smantellamento dell’esercito ucraino, e la cosiddetta “denazificazione”, termine che per Mosca indica l’installazione a Kyiv di un governo allineato agli interessi russi.
Di fronte a questa situazione il presidente uscente, Joe Biden ha convocato il suo successore alla Casa Bianca per mercoledì 13 novembre, per discutere il futuro degli aiuti all’Ucraina. Sul tavolo c’è il massiccio programma di sostegno americano che, secondo i dati del Government accountability office, ha raggiunto i 174 miliardi di dollari tra aiuti militari ed economici. Il consigliere per la Sicurezza Nazionale Sullivan ha spiegato che l’cura Biden ha 70 giorni di tempo, fino all’insediamento di Trump il 20 gennaio, per convincere la nuova presidenza a non abbandonare gli alleati. Ma i segnali non sono incoraggianti: il senatore Bill Hagerty, probabile prossimo Segretario di Stato, si è già detto contrario agli aiuti a Kyiv, affermando che gli Stati Uniti devono concentrarsi prima sui propri interessi nazionali.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-11-11 11:54:00 ,