L’ultima «sparata» è una cartina geografica degli Stati Uniti dove il confinante Canada non è uno stato indipendente ma fa parte degli Usa. Da giorni, il futuro presidente (mancano pochi giorni ormai) americano Donald Trump si è lanciato in “sparate” grossolane: chiede l’annessione del Canada, come 51esimo stato, e si vuole pure comprare la Groenlandia. Sono state liquidate come spacconate tipiche del personaggio, ma lo non sono affatto: sono invece mosse da un disegno geopolitico intelligente e dal bisogno di coprire una debolezza strategica degli Stati Uniti. L’Artico sarà l’Eldorado dei prossimi decenni, la nuova frontiera delle grandi potenze. Ma, a oggi, la Russia è il paese più forte nella regione, mentre Washington è in grosso svantaggio. Trump non fa lo sbruffone: ha di fatto lanciato la corsa alla più grande riserva, ancora intatta, di materie prime al mondo. Il Polo Nord.
Terror e Trump
Dopo duecento anni di disinteresse geopolitico, il «Grande Nord» torna oggi di prepotenza sullo scacchiere internazionale. L’ultima volta che il Canada e la Groenlandia avevano suscitato appetiti era il 1845: dalla Gran Bretagna della Regina Vittoria, il cui impero dominava quasi tutto il mondo conosciuto, erano partite due navi, la Terror e le Erebus, direzione Groenlandia e Canada. Il tristemente famoso capitano Sir John Franklin cercava il leggendario “Passaggio a Nord Ovest”. Fu una tragedia: le navi rimasero intrappolate tra i ghiacci e tutti i 129 marinai morirono. Da allora nessuno cercò più di arrivare verso la Russia asiatica dall’Oceano Atlantico tagliando l’artico. Nessuno fino a dieci anni fa.
Petrolio e potenze artiche
Se il capitano Franklin fosse vissuto oggi, la sua missione sarebbe stata un successo. Il riscaldamento complessivo sta sciogliendo i ghiacci artici: il fenomeno preoccupa scienziati e ambientalisti, ma apre anche nuovi scenari geopolitici. Rende più facile l’accesso al Polo Nord. L’artico, un’immensa regione che occupa 14 milioni di chilometri quadrati, una volta e mezzo gli Stati Uniti, è l’ultima grande zona del pianeta, ricca di petrolio e gas, ancora non sfruttata dall’uomo.
Nel 2014, mentre tutti gli occhi del mondo erano puntati sulla Crimea che era stata occupata dalla Russia di Putin, per la prima volta nella storia, un cargo non assistito da una nave rompighiaccio, la Nunavik trasportò merci (23mila tonnellate di nickel) dal Canada alla Cina, attraversando proprio il Polo Nord. È una tratta marittima che fa risparmiare il 40% di tempo rispetto al Canale di Panama, sul quale, guardacaso, Trump ha ugualmente alzato la voce, reclamandone una restituzione. Altro che Donald lo spaccone: in ballo ci sono le rotte commerciali globali.
Si scrive Canada e Groenlandia, si legge Mosca
Sotto la tundra che sta emergendo dalla ritirata dei ghiacci, si stima che ci sia tanto petrolio. Già tre grandi compagnie petrolifere hanno chiesto le licenze per esplorare eventuali giacimenti: sono l’americana ExxonMobil, l’anglo-olandese Shell e la russa Rosneft. Ecco perché Trump vuole mettere le mani sui due paesi: sono un ponte strategico sull’artico e sulle future rotte. Ma il vero obiettivo non sono tanto i due paesi, quanto Mosca: Trump vuole impedire che la Russia abbia il dominio della regione. È uno scenario molto realistico: «Mosca è oggi la prima potenza artica al mondo», osserva lo scrittore inglese Tim Marshall, uno dei massimi esperti mondiali di geopolitica, autore del successo internazionale “Le 10 Mappe che spiegano il Mondo”. Già nel 2013, la Russia vantava la più grossa flotta di rompighiaccio al mondo: 13 navi di cui 6 a propulsione nucleare. Quattro anni fa, a San Pietroburgo, la città natale di Putin, è stata varata la Arktika, la più grande nave rompighiaccio al mondo: è lunga 173 metri. Gli Stati Uniti competono con una sola nave, la USS Polar Star. Lo svantaggio è schiacciante.