Il comitato per le purghe
Le indiscrezioni sul comitato per le purghe hanno destato ancora più clamore. La chiamano il Warrior Board, la commissione dei guerrieri. Più che guerrieri saranno però dei crociati al servizio di Trump, incaricati di ripulire il Pentagono. Che sollevano lo spettro di rigurgiti di maccartismo, di pratiche da inquisizione senza precedenti ai vertici delle forze armate americane. Potrebbe nei fatti, secondo i critici, richiedere ai militari di esprimere posizioni politiche e indossare metaforicamente il cappello Maga.
La Commissione è prevista da uno degli ordini esecutivi che saranno sulla scrivania di Donald Trump al primo giorno della sua presidenza. Parola del Wall Street Journal, che ha preso visione della bozza del testo approntato da un gruppo che lavora a stretto contatto con la squadra di transizione di Trump. Rimane da vedere se lo firmerà davvero. Ma è nero su bianco ed è forse il più straordinario e controverso dei decreti: ha destato immediato allarme su una strategia di aperta politicizzazione di un’istituzione, le forze armate, che nella sua storia contemporanea ha sempre cercato di mantenere le distanze dalla politica di partito. Di sottolineare la sua professionalità, fedeltà alla Costituzione e l’obbedienza a tutti gli ordini che definisce legali.
Il precedente del 1940
Se i generali servono a discrezione del Presidente e non sono inediti casi di licenziamenti per divergenze divisione strategica o perdita di fiducia, un sistema esterno e parallelo ai normali canali di promozione ed esame del Pentagono sotto l’egida della Casa Bianca di valutazione dei comandanti sulla base di opachi criteri di affidabilità rappresenterebbe un terremoto. Lo stesso ordine esecutivo cita un unico precedente, che risale al 1940 e in un contesto assai diverso: l’allora capo di stato maggiore George Marshall, per preparare gli Stati Uniti alla guerra, avviò una riorganizzazione delle forze armate creando un board per accelerare il ringiovanimento nei ruoli senior con criteri professionali, rimuovendo alti ufficiali da automatiche promozioni per portare alla ribalta promettenti nuovi comandanti.
Il board delle purghe di Trump sarebbe composto da una serie di militari in pensione scelti dal Presidente con la missione esplicita di passare al setaccio le carriere di generali a tre e quattro stelle (e di ammiragli) e di raccomandare la loro rimozione «in mancanza delle richieste doti di leadership». Il test da passare per i comandanti di Trump dovrà essere, più in dettaglio, «di capacità di leadership, di preparazione strategica e di impegno all’eccellenza militare». Dietro le altisonanti parole, però, il rischio di un filtro molto politico e poco militare è evidente ai critici: Trump ha inveito a lungo contro i generali cosiddetti “woke”, progressisti e oltremisura attenti a inclusione e diversità tra i soldati. E contro chiunque ostacoli i suoi piani o dissenta.
L’utilizzo «inedito» delle truppe
«Saranno cacciati», ha detto parlando di quelli che definisce i «woke generals». Aggiungendo poi che tra i licenziati, «entro mezzogiorno della giornata dell’inaugurazione da Presidente», ci saranno anche tutti coloro che sono stati in qualche modo coinvolti nel drammatico e disastroso ritiro dall’Afghanistan. Di più: in gioco possono essere violazioni del tradizionale utilizzo delle truppe. Non ha fatto mistero di desideri di voler usare i militari anche per compiti domestici, spezzando così un tabù, non solo contro i migranti ma anche in città amministrate da rivali democratici (male secondo lui) e contro cittadini americani impegnati in dimostrazioni e proteste che giudichi intollerabili.