Mi ha permesso di essere libera di improvvisare, di attraversare le emozioni, come quando si inizia a preparare uno spettacolo e si prova a seguire tutte le strade e tutti i mondi che quelle scarne parole su un pezzo di carta possono voler dire per un essere vivente.
Proprio come la mia diagnosi, lettere su un foglio, piene di significato per chi mi sta curando, ma solo un incipit dal quale continuare a muovermi liberamente per me. Un giorno, un grande regista e autore mi disse che, secondo lui, l’attore non è responsabile di cosa fa, ma di come lo fa.
Un copione da “interpretare”
In questi mesi, sapevo benissimo cosa doveva fare questa nuova versione di Alessandra. Gli esami, le chemioterapie, ora l’intervento che mi terrorizza. Un terreno solido e già scritto, pensato per me dalla troupe, pardon, dall’equipe medica e uno potrebbe pensare che non c’è più spazio, quindi, oltre, che in questo percorso ho perso il libero arbitrio ma non è così.
A me resta il “come”. Come attraversare tutto questo, proprio il compito deputato all’attore. Che non vuol dire essere sempre sorridenti, pieni di vita, allegri e propositivi, ma può anche essere accettare di essere stanchi, incazzati, delusi, proprio perché il “come” resta nelle nostre mani e ognuno di noi lo può scegliere.
Non so se pensarsi sul set della storia della propria malattia pronti a dire le battute quando l’oncologo chiama “azione” e tornare a casa una volta che le infermiere hanno dato lo “stop”, svestire per un poco i abiti della malata oncologica e tornare a essere solo Alessandra, sia una cosa sana. A me ha facilitato a prendere le distanze perché dopo aver girato infiniti take di una stessa scena, tutto quell’enorme materiale, innumerevoli bobine di pellicola, massicci gigabyte di file video, finiscono dritti al montaggio che taglia, cuce e tiene solo le parti migliori, che non sono necessariamente quelle più belle, ma magari solo quelle più rilevanti, che non ci dimenticheremo mai.
Il cinema è la vita senza le parti noiose, diceva Hitchcock. E io questo anno, diretto, scritto e prodotto con le persone che mi sono state vicine e mi hanno curato e, per una volta, dopo anni di provini, rifiuti e interpretazioni di personaggi marginali, con me nel ruolo della protagonista indiscussa, voglio ricordarmelo così. E a pensarci, beh, sembra tutto un po’ meno peggio.
Una nota dell’autrice
Il cancro non è uguale per tutti. La malattia di ciascuno è unica, sia per motivi biologici e medici che perché ognuno di noi la affronta in un diverso momento della vita. Ciò che scrivo è frutto della mia personale esperienza. Non vuole dare una visione totale e totalizzante sulla malattia oncologica o insegnare come affrontarla.