Questo articolo fa parte di una serie in cui l’autrice racconta gli impatti personali, affettivi e sociali di un tumore diagnosticato all’età di trent’anni.
Sono passati quasi dieci mesi da quanto ho ascoltato quel nodulo fastidioso nella porzione sottostante del mio seno destro e se mi guardo indietro sento di poter raccontare la mia storia attraverso Il viaggio dell’eroe, quel modello narrativo a cui sono riconducibili tutte le storie teorizzato dallo sceneggiatore Christopher Vogler nel suo saggio omonimo facendo seguito al lavoro dello studioso di mitologia comparata Joseph Campbell.
In questo testo Vogler sintetizza le dodici tappe fondamentali del viaggio del protagonista dalla sua partenza nel mondo ordinario, al ritorno con l’elisir, con il frutto della sua esperienza. Nel mezzo, nemmeno ve lo sto a dire, dieci punti di deliri e imprevisti stile Giuoco dell’Oca: pensavi di essere a un passo dalla vittoria? Eh no, torna indietro di dieci caselle. Il maestro di vita ce l’hai? Perché stanno arrivando i nemici, le prove e le soglie da superare.
Ah, non ho fine questo testo come modello perché noi malati diventiamo tutti eroi, santi, puri, senza macchia con l’arrivo della diagnosi. Se eravamo stronzi prima di scoprire di avere un tumore, lo siamo ancora.
Non siamo nemmeno dei guerrieri perché, quando diciamo a una persona malata di cancro che: “Sicuramente vincerà perché è una combattente”, non le stiamo attribuendo un ruolo attivo nel suo processo di guarigione, le stiamo dando una responsabilità. Ci state facendo diventare quelli che devono rispondere delle azioni e delle conseguenze relative al tumore. Va da sé, che ogni volta che le cure subiscono una battuta d’arresto, ci sentiamo in colpa e pensiamo di essere sbagliati.
Quando la mia seconda chemio è stata rimandata per una neutropenia che, per farla semplice, significa che i miei globuli bianchi hanno disertato, ho pianto pure mentre facevo il pieno. Il benzinaio mi ha guardato: “Ok, che i prezzi sono saliti ma manco a far così, signorina”. E aveva ragione, “manco a far così”. Non per la benzina, ma per una cosa che non possiamo controllare, che non dipende da noi, di cui non dobbiamo rispondere.
L’incidente scatenante
Il mio viaggio dell’eroe è iniziato al primo punto dello schema del buon Vogler, nel mondo ordinario: una ragazza sulla trentina, che fa la sceneggiatrice, con un gatto e un compagno. Giornate molto simili tra loro in cui scrivo in pigiama. Arriva la chiamata all’avventura, l’incidente scatenante: Alessandra, hai un cancro.