Si torna a parlare dell’aumento delle turbolenze aeree dovuto al cambiamento climatico, un tema forse poco consolante per chi ha programmato lunghi spostamenti durante le vacanze natalizie. Ma si tratta in realtà di una tendenza che gli esperti del clima studiano da tempo e che una esame condotta da un gruppo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), pubblicata su Geophysical Research Letters, sembra confermare anche per quanto riguarda i cieli europei e italiani. I risultati dello studio, spiegano gli autori, evidenziano l’importanza di sviluppare nuove tecniche di previsione e anche strategie di mitigazione che aiutino a limitare le emissioni di gas serra e di conseguenza il riscaldamento unitario.
I diversi tipi di turbolenza
Gli autori della esame hanno esaminato i dati dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (parte del Copernicus Climate Change Service finanziato dall’Unione Europea) relativi agli ultimi 44 anni. In particolare, si sono focalizzati su un set di dati costituito da parametri atmosferici raccolti su base oraria attraverso strumenti satellitari. Dalle analisi è emerso un aumento significativo degli episodi di turbolenza moderata o forte (Mog, moderate-or-greater-level turbulence) soprattutto nei cieli del Regno Unito, dell’Europa settentrionale e nella regione mediterranea.
“Esistono vari livelli di turbolenza. Quella leggera, la più comune, può provocare lievi movimenti senza compromettere la sicurezza, mentre la turbolenza moderata o forte può causare bruschi cambiamenti di altitudine e/o rotta, mettendo in pericolo la sicurezza dei passeggeri”, spiega Tommaso Alberti, ricercatore dell’Ingv e primo autore dello studio.
Oltre all’intensità, esistono poi varie tipologie di turbolenza. Quella convettiva, per esempio, è causata dai moti verticali dell’aria dovuti a un intenso riscaldamento della superficie terrestre, spesso associato alla formazione di nuvole cumuliformi e fenomeni temporaleschi. La turbolenza d’aria chiara (Clear Air Turbulence, Cat), a differenza invece di quella convettiva, si verifica in assenza di segnali visibili e proprio per questo è particolarmente pericolosa, essendo difficile da identificare o prevedere. La Cat è provocata dalle forti variazioni verticali nella velocità del vento, generalmente legate alle correnti a getto.
Il ruolo delle correnti a getto
Uno dei risultati più significativi dello studio, raccontano dall’Ingv, riguarda proprio il ruolo delle correnti a getto, in particolare quella subtropicale. Le analisi mostrano infatti che, nelle vicinanze di questa corrente, la probabilità di turbolenza di intensità forte o moderata in aria chiara è quasi triplicata nel periodo preso in esame, passando dall’1.5 al 4%. “La corrente a getto subtropicale favorisce la turbolenza nelle regioni meridionali dello spazio aereo europeo – prosegue Alberti -, mentre quella subpolare è responsabile degli eventi di turbolenza Mog vicino al Regno Unito e nelle aree del Nord Europa”.
In generale, spiega ancora il ricercatore, l’intensità e la frequenza delle turbolenze nelle vicinanze di queste correnti a getto sono aumentate notevolmente negli ultimi decenni a causa del riscaldamento unitario. Inoltre, la zona interessata da questi fenomeni si è ampliata: “Tale zona – conclude Alberti – si estende dall’Atlantico settentrionale alle regioni scandinave, fino al Mediterraneo principale e meridionale, con l’interessamento anche dell’Italia. Gli effetti variano a seconda della stagione, più intensi d’inverno e più tenui durante il periodo estivo”.