di Grace Browne
Il più grande sostenitore della qualità degli studi clinici nella storia condusse il suo primo test durante una guerra. Nel 1941, a Salonicco, in Grecia, il soldato dell’esercito britannico Archibald Cochrane fu fatto prigioniero dai tedeschi. Unico medico tra 20mila prigionieri, Cochrane osservò molti casi di gonfiore alla gambe, lui compreso. La situazione era così disperata che decise di condurre un esperimento. Si procurò del lievito dal mercato nero della prigione e divise quaranta prigionieri in due gruppi: a un gruppo somministrò due cucchiai di lievito ogni giorno e all’altro una compressa di vitamina C. Al quarto giorno, fu in grado di stabilire che il gruppo che aveva preso il lievito era migliorato di più rispetto a quello a cui era stata somministrata la vitamina C. Cochrane – che oggi viene considerato il padre della medicina basata sull’evidenza – disse che l’esperimento fu “il suo primo, peggiore e più riuscito studio clinico“.
La guerra, tuttavia, rappresenta un enorme ostacolo alla ricerca medica. L’invasione russa dell’Ucraina – che ha costretto oltre tre milioni di persone a fuggire nei paesi vicini – non fa eccezione. Secondo il database degli studi clinici della Food and Drug Administration degli Stati Uniti (l’agenzia federale che si occupa tra le altre cose di sicurezza alimentare e del controllo dei prodotti farmaceutici) in Ucraina ci sono oltre duecentocinquanta studi attivi in diversi enti di ricerca. Di questi, 117 riguardano interventi relativi al cancro, mentre altri si occupano di patologie come la sclerosi multipla, la schizofrenia e l’epidemia di Covid-19.
Ora la guerra minaccia di interrompere la fornitura di farmaci e disperdere i partecipanti degli studi, rendendo le loro cartelle cliniche più difficili o impossibili da monitorare. Nel mondo clinico, la continuità è un elemento essenziale; le lacune nei dati possono compromettere l’affidabilità di qualsiasi risultato o renderne più difficile l’analisi. E quando un ricercatore cercherà di far ripartire il suo studio dovrà farlo in un’Ucraina totalmente diversa, spiega Mike Clarke, un esperto di progettazione di studi clinici alla Queen’s University Belfast. L’infrastruttura sanitaria e di ricerca sarà ancora in fase di ripresa, milioni di persone saranno fuggite e le risorse potrebbero scarseggiare: “L’ambiente in cui ricominceranno sarà così diverso che un trial potrebbe anche essere visto come due studi distinti“, dice Clarke: uno condotto prima dell’invasione e uno dopo. E questo uno scenario non contempla l’ipotesi che i dati raccolti in precedenza vadano distrutti. Clarke accenna a studi che potrebbero essere quasi completati, “ma che ora non presenteranno mai i loro risultati: uno spreco totale“.
Il contesto ucraino e le conseguenze sui pazienti
La sospensione e il successivo riavvio degli studi non rischia solamente di produrre dati di scarsa qualità, ma può avere anche effetti devastanti sui pazienti, in particolar modo nei casi di malattie allo stadio finale per i quali la partecipazione a uno studio rappresenta l’ultima speranza. “Per i pazienti oncologici è anche una questione di sopravvivenza“, dice Ivan Vyshnyvetskyy, presidente dell’Associazione ucraina per la ricerca clinica.
L’Ucraina ha la fama di essere un polo per gli studi clinici. Ha un personale medico e di ricerca nutrito e preparato, noto per l’affidabilità dei suoi dati. Per molti anni, poi, il sistema sanitario del paese è stato sottofinanziato. Questo faceva sì che la partecipazione a studi clinici rappresentasse un percorso alternativo, e spesso più rapido, per ricevere cure, facilitando il coinvolgimento dei pazienti. Inoltre, il traballante sistema di assistenza sanitaria ucraino comporta che gran parte della gente sia composta da pazienti cosiddetti “treatment-naïve“, che non hanno cioè mai ricevuto terapie: il sogno di ogni ricercatore. Negli ultimi anni, l’Ucraina ha aggiornato il suo sistema sanitario rendendo la digitalizzazione delle cartelle la norma, il che a sua volta ha di molto velocizzato il reclutamento dei partecipanti nei trial. Ma, con l’invasione russa che devasta il paese, questi studi clinici sono ora a forte rischio.
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www.wired.it
2022-03-17 18:00:00