“La nostra sarà una missione suicida perché abbiamo pochissime unità contro un intero esercito, ma preferiamo provare. Quel che importa è morire bene, soltanto allora inizia la vita”. Ivan Luca Vavassori, ex portiere 29enne di Pro Patria, Legnano e Bra, spiega così perché ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo e imbracciare un fucile per andare a combattere con gli ucraini, lui che è nato in Russia e quando aveva 5 anni è stato adottato da una famiglia piemontese. Su Tik Tok i suoi racconti dal fronte stanno raccogliendo un numero sempre maggiore di follower.
Ivan Luca è il figlio adottivo di Pietro Vavassori, titolare dell’Italsempione, importante azienda della logistica, e di Alessandra Sgarella, sequestrata dalla ‘ndrangheta nel 1997 e morta nel 2011 per una malattia. Alcuni giorni dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, con l’ok dell’ambasciata di Kiev in Italia è entrato nella “Legione di difesa internazionale Ucraina”. I baschi verdi. Ha superato il confine polacco e pochi giorni dopo è diventato il ‘comandante Rome’. “Aquila nera così mi chiamano i miei ragazzi”, racconta dalla sua pagina social, diventata un vero e proprio diario dal fronte. Come lui ci sarebbero altri seicento foreign fighters italiani. “Ci mancano armi e vestiti per difenderci dal freddo”, dice Ivan a chi lo accusa di essere un contractor “Vero, mi hanno fatto firmare un contratto, ma non sono qui per business. Ho speso di tasca mia duemila euro per comprare il materiale e non ricevo un soldo. Sarà che sarò portato per il business a perdere…”. Come esperienze militare Vavassori sostiene di essere stato nella Legione Straniera: “Avevo firmato per cinque anni ma sono uscito dopo tre. Ero distaccato ad Aubagne e Castelnodary”. In Ucraina è in una compagnia dove ci sono francesi, inglesi, tedeschi e americani.
“Tra di noi parliamo inglese, aiutiamo gli ucraini ma non siamo nei loro ranghi”. Poi lo sfogo e la decisione di partire per la missione suicida: “Faccio parte della fanteria, sono un assaltatore. Siamo riusciti a rubare dei blindati russi, dei bazooka e altre armi. Dopo ci siamo fermati, non sappiamo che cosa è successo. È un venuto un maggiore a parlarci e ha detto che vuole le truppe in difensiva, ma non sono qui per farmi bombardare da elicotteri, bombe e missili. Per questo abbiamo deciso di proseguire in incognito: armati di mitra kpos, attaccheremo le basi del nemico senza che nessuno sappia niente. Vediamo come va. Porterò il telefono con me, ma non mi collegherò. Solo a fine missione. Morire vent’anni prima o vent’anni dopo poco importa”, conclude Vavassori.
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2022-03-23 17:29:38 ,