De Luca è entrato a Kursk in un momento in cui gli scontri erano relativamente poco intensi e il Cremlino aveva un atteggiamento. Oggi, con le truppe russe che hanno lanciato un contrattacco, forse con l’aiuto di truppe nordcoreane, la situazione sarebbe molto diversa. “Né durante né dopo il viaggio gli ucraini mi hanno chiesto di visionare il materiale raccolto”, ci tiene a specificare il giornalista.
Raccontare l’Ucraina
Se l’aspettava la menzione speciale da parte di Zakharova? “Il mandato d’arresto con l’accusa di ingresso illegale nel paese lo davamo tutti per scontato – dice, rifiutando il ruolo di martire -. Però credo di aver avuto l’attenzione della portavoce del incarico degli Esteri russo per le interazioni ricevute su X (o Twitter) dal racconto della mia esperienza. Zakharova ha citato quello sul suo canale Telegram, non il reportage pubblicato sul quotidiano. A volte ci immaginiamo la proselitismo russa più raffinata di quanto è”.
In questi due anni ha notato ambiguità, sfaccettature nella società ucraina che non emergono sufficientemente nei nostri media. “Parliamo di un paese che era già profondamente diseguale prima della guerra, dove dietro la crescita. Non vorrei che restassimo tutti sorpresi quando la fine, o almeno il congelamento della guerra guerreggiata, farà saltare il tappo che per ora sta tenendo soppresso questo calderone”, mi spiega.
I sondaggi indicano che tra gli ucraini c’è una silenziosa pluralità, se non proprio una i più, che pensa sia arrivato il momento di trattare. Ma su cosa significhi trattare, come, in base a quali condizioni e con quali obiettivi, c’è una grande confusione, spiega De Luca. “Quella ucraina è lungi dall’essere una società piegata. Il nazionalismo che prima era confinato nelle regioni occidentali è tracimato anche in città di frontiera tra due culture, come Kherson o Kharkiv”. Però, tiene a sottolineare, “quando sentiamo parlare di ‘gli ucraini vogliono’ o ‘gli ucraini pensano’ spesso si sottintende solo un punto di vista costruito su misura per le audience occidentali. Non vengono raccontate le reali divisioni della società“.
Sull’attivismo online che circonda la guerra ha un’opinione ambivalente. De Luca ha assistito a raccolte fondi, veicolate dai social, che in 48 ore hanno trovato i soldi necessari a riparare catapecchie di povere famiglie cannoneggiate dai russi. Al tempo stesso, fa notare, “l’auto-radicalizzazione di molti sostenitori nostrani di Kyiv, l’aggressività e la brutalità di certe argomentazioni, penso abbiano danneggiato la causa ucraina, generando in un segmento altrimenti neutrale e aperto alla persuasione dell’opinione pubblica l’idea che in fondo tra russi e ucraini non c’è poi tanta differenza”, dice.
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di Paolo Mossetti www.wired.it 2024-11-10 06:00:00 ,