Author: Monica Guerzoni
Data : 2022-12-03 22:55:38
Dominio: www.corriere.it
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La premier: sui flussi non possiamo agire da soli, ci vuole più Ue sul fronte Sud. Tajani andrà in Libia
Più l’area del Mediterraneo sarà stabile, più l’Europa sarà sicura. E viceversa. È attorno a questo concetto difficilmente confutabile che ha ruotato la due-giorni dei Med Dialogues, chiusa ieri a Roma da Giorgia Meloni. Per la presidente del Consiglio l’ottava edizione della conferenza internazionale è stata l’occasione per candidare l’Italia a un ruolo da protagonista nel Mediterraneo e per rilanciare la strategia del nuovo governo sulla questione migratoria.
L’incidente diplomatico con la Francia sulla nave Ocean Viking è solo un accenno fugace e indiretto nel discorso di Meloni. Senza toni polemici, la premier sprona l’Unione a un’assunzione di responsabilità collettiva: «Da soli non possiamo gestire un flusso con dimensioni ormai ingestibili, occorre che l’Europa realizzi con urgenza un quadro di cooperazione multilaterale, con un incisivo contrasto ai flussi illegali». Dopo i ringraziamenti di rito, la premier parte dalle parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani per dire che «l’Italia è fortemente impegnata con questo governo a rafforzare il suo ruolo nel Mediterraneo». La stagione che stiamo vivendo pone sfide epocali. La guerra, la crisi energetica, la pandemia, la sicurezza alimentare, i cambiamenti climatici. Sfide che impongono all’Italia, per il suo ruolo centrale nel Mediterraneo, una «strategia complessa» che riguarda gli interessi del nostro Paese e anche quelli dell’intera Europa.
Meloni la chiama «geopolitica del dialogo» e rilancia un passaggio del suo discorso di insediamento, quando disse che la nostra prosperità non è possibile senza quella dei nostri vicini. È l’idea di un «piano Mattei per l’Africa», in cui la postura dell’Italia e dell’Europa non deve essere «predatoria, ma collaborativa» e rispettosa dei reciproci interessi. E qui la premier rimarca come i Paesi africani dovrebbero essere «soggetto e non oggetto della cooperazione», un concetto preso in prestito dal discorso dell’ambasciatore Giampiero Massolo, il presidente dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) che organizza i Dialoghi sul Mediterraneo.
Con accenti ben lontani da slogan elettorali come «la pacchia è finita», Meloni insiste nel chiedere a Bruxelles «più Europa sul fronte Sud». È urgente realizzare «un quadro di collaborazione multilaterale basato su flussi legali e su un’incisiva azione di prevenzione e di contrasto di flussi irregolari». Senza tralasciare un aspetto che la premier ritiene indispensabile, vale a dire «l’europeizzazione della gestione dei rimpatri». E qui, prima di rivendicare come «una vittoria» il documento della Commissione Ue che ritiene «prioritaria» la rotta del Mediterraneo centrale, Meloni evidenzia i numeri: dall’inizio dell’anno gli arrivi sono stati 94 mila, cifre che provano come l’Italia stia sostenendo «l’onere maggiore» per proteggere le frontiere europee dal traffico di esseri umani.
Roma chiede che l’Ue «rilanci una effettiva attuazione degli impegni presi da troppo tempo» e coinvolga i partner dell’Africa e del Mediterraneo per prevenire e contrastare le partenze illegali. Per prima cosa lavorando per la stabilizzazione della Libia, dove il ministro Tajani sarà presto in missione. «L’Italia vuole essere protagonista della costruzione di una nuova stagione di dialogo» ha affermato il titolare della Farnesina, convinto che dalla stabilità del Mediterraneo dipendano «la pace, la lotta al terrorismo, la soluzione al problema dell’immigrazione». Ma affrontare le emergenze per Paolo Gentiloni non basta, bisogna allungare lo sguardo ai prossimi dieci, vent’anni: «Per l’Europa le relazioni con il Mediterraneo e con l’Africa sono il futuro».
In mezz’ora Meloni disegna a tutto campo la strategia politica dell’Italia nel Mediterraneo, dall’immigrazione alla sicurezza energetica, dalla libertà religiosa al «inquietante dilagare del radicalismo islamista soprattutto nell’area subsahariana». E per la prima volta, anche se con cautela, la premier dedica un passaggio alla proteste contro il regime iraniano: «Non possiamo fingere di non vedere quanto sta succedendo in questi mesi alle donne e ai giovani che manifestano in Iran». E ancora, col pensiero rivolto «soprattutto» all’Afghanistan: «Erodere spazi di libertà o impedire a donne e ragazze di accedere al lavoro e all’istruzione significa porre un’ipoteca sul futuro. Non c’è avvenire senza il riconoscimento delle libertà fondamentali e senza la garanzia della pari dignità».
3 dicembre 2022 (modifica il 3 dicembre 2022 | 23:53)
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