Una brutta campagna elettorale – CorrieredelMezzogiorno.it

Una brutta campagna elettorale – CorrieredelMezzogiorno.it

Una brutta campagna elettorale – CorrieredelMezzogiorno.it


Mezzogiorno, 2 ottobre 2021 – 08:49

di Paolo Macry

Doveva essere la campagna elettorale dell’Anno Zero, la grande svolta di una citt che rifiuta il declino, il colpo d’ala di una comunit che si sveglia dall’apatia. Invece stata una campagna elettorale mediocre, sterile. Una brutta campagna elettorale. Molto probabilmente i cittadini (non i pochi che leggono i giornali) non hanno avuto modo di cogliere tutta la posta in gioco, la differenza tra i programmi, il diverso profilo dei candidati. Sono mancati i confronti diretti, quei dibattiti televisivi che da decenni in tutte le democrazie — e anche in Italia — costituiscono uno dei momenti decisivi per orientare la scelta degli elettori. mancata una civile ma robusta lotta politica. Si scambiata la lotta politica con le risse da talkshow. Grave errore di superbia. Diciamo la verit, quanti sono i napoletani che hanno avuto il privilegio di conoscere personalmente i candidati nei salotti borghesi, nei circoli eletti, negli aperitivi tra gli amici che contano? E tutti gli altri, le centinaia di migliaia, cosa mai avranno potuto capire? mancato un confronto politico, del resto, perch non c’erano i partiti. Il centrodestra si letteralmente dissolto, non neppure riuscito a presentare tutte le liste, ha preferito le faide interne a una proposta unitaria. Un fenomeno sconcertante che si ripetuto a Roma e Milano e che ne ridimensioner anche le ambizioni nazionali.

Quanto alla sinistra, di liste ne ha presentate anche troppe, finendo per mettere assieme una coalizione raccogliticcia, indiscriminata, priva di un’identit. Certo che n la destra, n la sinistra hanno avuto il coraggio politico della discontinuit, ci che invece avrebbe dovuto costituire la premessa stessa della campagna elettorale. Sebbene tutti ripetessero che Napoli versa in gravi condizioni, non si neppure tentata una riflessione sul decennio demagistrisiano, su quel nocciolo populista della citt che per anni ha sostenuto le sfuriate ideologiche del sindaco con la bandana e al tempo stesso ne ha ignorato la straordinaria inefficienza amministrativa. Non si voluto perdere i voti di quel che resta del decennio arancione, forse perch nella pancia della sinistra come in quella della destra restano diffusi gli umori demagogici, le pulsioni protestatarie, il giustizialismo rabbioso. Del resto, come promettere un taglio netto con il passato quando molti dei pi accorsati demagistrisiani avevano deciso in limine decessis di cambiare bandiera?


stata insomma una campagna elettorale che, malgrado le virt dei candidati, ha finito per riflettere i vizi di una politica fragilissima e perci disponibile a tutto pur di sopravvivere, alleanze spurie, trucchi comunicativi, promesse campate in aria. Sono mancate le idee innovative, i progetti di alto profilo, quei messaggi cio che avrebbero potuto mobilitare una citt spenta, una societ chiusa in s stessa, una lite che manda i figli alla Bocconi e non si chiede perch non restino a studiare in citt. mancato il tentativo di ricostruire i fili della comunit, di provarci almeno. Si sono sentiti programmi generici, le eterne promesse su Bagnoli, sui trasporti urbani, sulle periferie, sul verde defoliato. Luoghi comuni. E mentre i partiti latitavano, peraltro, sono arrivati al gran galoppo gli sponsor, sono entrati a gamba tesa nella partita, hanno mostrato una baldanza — se non un’arroganza — che la dice lunga sulla loro idea di una grande metropoli e sul loro rispetto dell’autonomia municipale. Hanno cercato di mettere le mani sulla citt.

Venendo pi volte a Napoli e accreditandosi come l’artefice della candidatura dell’ex rettore, Giuseppe Conte ha voluto esplicitamente identificare nell’alleanza locale tra M5S e Pd un modello destinato a imporsi in tutto il paese. E ha potuto farlo perch nel frattempo la sinistra rimasta volutamente in silenzio, concedendogli tutta la scena, tappandosi la bocca o magari turandosi il naso. Con il risultato di spingere una candidatura di prestigio su una china che molti — all’interno dello stesso Pd — giudicano assai discutibile. Nel frattempo, a ipotecare l’annunciato successo del candidato giallorosso, intervenuto anche Vincenzo De Luca e naturalmente l’ha fatto a modo suo. Ironizzando sulla diversa stazza fisica tra lui e l’ex rettore, mettendogli ostentatamente una mano paterna sulla spalla, indicando perfino gli assessori della futura giunta comunale. Tentativi di eterodirezione, quelli di Conte e De Luca, che non trovano riscontri nel campo avverso solo perch non si mai visto nessuno che voglia intestarsi una sconfitta. E che comunque, in un senso o nell’altro, finiranno per influenzare le scelte degli elettori: chi voter a sinistra, non voter soltanto l’ex ministro dell’universit, voter anche Conte e De Luca, e cio la grande alleanza M5S-Pd patrocinata dall’ex premier e la gestione regionale del governatore.

Un vantaggio? Un problema? Basta saperlo. Ma poi, alla fine dei conti, tutto resta nelle mani degli elettori, tutto si capir soltanto a urne chiuse. E si capir anzitutto in quale misura i napoletani abbiano deciso di partecipare a un voto la cui posta in gioco sembra poco meno che storica. In quale misura cio abbiano sconfitto quella malattia dell’astensionismo — quello svuotamento progressivo della politica locale — che alla radice della crisi della democrazia rappresentativa di cui soffre, come poche altre, la citt. Chiunque vinca — e che vinca al primo turno o al ballottaggio — sar questo il vero segnale della rinascita o della rassegnazione.

2 ottobre 2021 | 08:49

© RIPRODUZIONE RISERVATA






Source link

, 2021-10-02 06:49:34
corrieredelmezzogiorno.corriere.it

Previous “O ti copri o non entri”, bloccata all’ingresso di un supermercato perchè troppo “nuda”

Leave Your Comment