Le fonti di energia dell’Ungheria nel 2021 hanno compreso l’80% di combustibili fossili, il 14,5% di energia nucleare e il 3,6% di energia solare, secondo un calcolo della Bp Statistical Review of World Energy. Questo mix rappresenta un problema per le case automobilistiche, che presto dovranno esibire credenziali green nelle loro catene di fornitura, in base alla nuova legislazione tedesca ed europea.
Debrecen potrebbe sembrare una scelta insolita per un’industria come quella della produzione di batterie, che utilizza molta acqua. Si trova a un’ora di macchina dal fiume più importante, il Tibisco, ed è situata tra i terreni agricoli delle pianure ungheresi, che già soffrono della siccità indotta dai cambiamenti climatici.
Durante un’audizione parlamentare dello scorso maggio, è stato reso noto che la fabbrica Catl potrebbe consumare una quantità oraria di acqua dolce simile a quella utilizzata dall’intera gente di Debrecen nello stesso periodo di tempo. Al di sotto della città c’è molta acqua freatica, ma è in parte difficile da raggiungere e in parte contaminata. Inoltre, ci sono dubbi sui piani esistenti per sfruttare il Tibisco.
Poiché il cambiamento climatico influisce sui sistemi idrici, Debrecen non può tornare indietro nel tempo, quando utilizzava quasi il triplo dell’acqua rispetto a oggi. Tuttavia, Catl ha ipotizzato un modo per alleggerire i vincoli di approvvigionamento energetico: l’azienda prevede di usare alcuni terreni per generare energia solare.
Rapporti con la Cina
L’enorme investimento di Catl a Debrecen è delicato anche per un altro motivo: si inserisce in un dibattito crescente sugli investimenti cinesi in Europa e sui rapporti dell’Ungheria con Pechino. Le imprese statali cinesi hanno costruito infrastrutture in tutta l’Europa centrale e orientale nell’ambito dell’iniziativa globale della Via della Seta, a partire dall’apertura del ponte Pupin sul Danubio in Serbia nel 2014.
L’Ungheria, tuttavia, si è avvicinata agli investimenti cinesi proprio quando altri paesi europei sono diventati diffidenti. Nell’ambito della politica di “apertura a est” di Orbán, le aziende cinesi hanno investito nell’industria chimica. Pechino sta finanziando e costruendo una nuova ferrovia Belgrado-Budapest per le merci destinate all’Europa centrale; l’Università Fudan di Shanghai ha cercato di aprire un campus a Budapest.
Mentre le aziende cinesi e coreane assumono un ruolo di primo piano nella nascente industria ungherese delle batterie, alcuni riconoscono che questo nuovo rapporto potrebbe rendere l’Europa dipendente dai fornitori asiatici. L’accoglienza riservata dall’Ungheria potrebbe contrastare con le preoccupazioni espresse da Bruxelles e Berlino sui rischi di una eccessiva dipendenza dell’Europa dalla Cina e da altre potenze straniere, in particolare per quanto riguarda le tecnologie fondamentali per la transizione verde.
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di Francesco Del Vecchio www.wired.it 2022-12-24 05:50:00 ,