Sull’ultimo punto è importante sottolineare come la legge ungherese preveda un congedo di maternità di 24 settimane, estendibili fino ai tre anni di vita del bambino o della bambina, mentre i padri hanno diritto a soli 5 giorni di congedo pagato, da prendere esclusivamente entro il primo mese di vita del figlio. In base a questo e leggendo gli altri punti si nota quindi come il ruolo della donna come madre sia centrale nella politica della famiglia di Orbán, mentre quello del padre non venga nemmeno considerato.
Le premesse della politica sulla famiglia di Orbán
La politica demografica e familiare ungherese si basa sull’ideologia del partito di estrema destra Fidesz, di cui Orbán è il presidente. L’attuale linea politica è stata recentemente ribadita dallo stesso premier durante un lungo intervento dello scorso 23 luglio, che ha creato non pochi problemi in Unione europea per le frasi apertamente razziste.
“La sinistra internazionalista sostiene che l’Europa per natura è abitata da popoli di razza mista. Si tratta di un gioco di prestigio storico e semantico, perché confonde due cose diverse. Esiste un mondo in cui i popoli europei in cui i popoli europei si sono mescolati con quelli che arrivano da fuori Europa e questo è un mondo meticcio. Poi c’è il nostro mondo – ha detto Orbán -. È per questo che abbiamo sempre lottato, non vogliamo diventare popoli di razza mista”.
Ed è da questo rifiuto di mescolarsi con altre “razze” che prende il via la politica di incremento demografico dell’Ungheria, volta a incentivare la procreazione di almeno due figli a famiglia e con forti incentivi per arrivare a quattro. Per Orbán infatti, il pericolo maggiore del mondo moderno è rappresentato dalla “civiltà islamica che si muove costantemente verso l’Europa” che da Sud starebbe “occupando e inondando l’Occidente”.
La soluzione per fermare questa “inondazione” è quindi l’aumento della natalità frutto di unioni di persone provenienti dai “popoli europei”. Una natalità che serve anche a rafforzare una famiglia strettamente eterosessuale e a rimarcare la netta divisione di genere sostenuta da Fidesz e Orbán, per cui “un padre è un uomo e una madre è una donna” e niente più. Infatti, per legge in Ungheria la famiglia è fatta solamente da “un uomo e una donna” e, chiaramente, le coppie omosessuali non hanno né il diritto di sposarsi, né di adottare dei minori, in base alla cosiddetta “legge sulla protezione dell’infanzia”.
“Qualche inintelligente dice: siamo in troppi. Gli intelligenti rispondono: siamo in pochi. Il numero è la forza dei popoli che dispongono della terra necessaria: e ciò non occorre nemmeno dimostrarlo”, queste parole sono state pronunciate da Benito Mussolini mentre era dittatore in Italia, per sostenere la politica demografica fascista.
Come il modello ungherese, anche le politiche demografiche fasciste si basavano sulla supremazia, sulla forza della razza e sulla necessità di difenderla dal cosiddetto “meticciato”. Allo stesso modo, il fascismo esaltò un modello di famiglia fondata sull’identità di paternità e maternità, con una netta divisione di genere e di ruoli tra uomo e donna, che aveva come scopo la procreazione, intesa come obbligo sociale per rendere grande la nazione.
Di conseguenza, come Orbán, il fascismo mise in atto molteplici iniziative a favore della natalità e della famiglia, come l’esenzione delle tasse e le riduzioni fiscali per le famiglie numerose, premi per le madri più prolifiche, premi di nuzialità e natalità. Inoltre, sempre sulla linea delle similitudini con le più recenti politiche ungheresi, il regime mise anche in atto una campagna contro l’aborto, identificato dal Codice Rocco tra i crimini contro l’integrità della stirpe, e contro la propaganda e l’uso dei contraccettivi.
Tuttavia l’intensa battaglia demografica del regime fascista non ottenne i risultati sperati, poiché il tasso di natalità continuò la sua tendenza strutturale a calare, secondo un trend che ha caratterizzato tutti i paesi dell’Europa occidentale.
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di Kevin Carboni www.wired.it 2022-08-25 16:18:33 ,