Universo, c’è un mega-anello che non dovrebbe esistere

Universo, c’è un mega-anello che non dovrebbe esistere

Universo, c’è un mega-anello che non dovrebbe esistere


Una dottoranda della University of Central Lancashire, nel Regno Unito, ha identificato una megastruttura nell’universo a forma di anello, invisibile a occhio nudo. L’ammasso di galassie si estende per circa 1,3 miliardi di anni luce e la sua scoperta potrebbe indurre i cosmologi a rivedere alcuni dei principi fondamentali dell’universo.

Le osservazioni sul “Grande Anello”, come è stata ribattezza la struttura, sono state presentate dalla dottoranda Alexia Lopez in occasione del 243esimo meeting dell’American astronomical society, a New Orleans. La scoperta rappresenta una rarità cosmica, considerando che al momento sono noti solo pochi altri corpi con proporzioni paragonabili. Le dimensioni del nuovo circolo galattico superano infatti il limite di 1,2 miliardi di anni luce calcolato per raggruppamenti simili.

Il nuovo anello cosmico

Lo studio dell’universo ha dimostrato l’esistenza di strutture su piccola, media e grande scala. Sebbene sembrino esistere in modo indipendente, tutti i corpi nello spazio tendono a raggrupparsi in ammassi, superammassi e filamenti che formano una ragnatela cosmica. Ma se un osservatore si allontanasse abbastanza, la sua prospettiva cambierebbe rivelando una landa desolata di materia distribuita in modo uniforme, senza punti salienti o irregolarità. Questo assunto fondamentale della meccanica dell’universo è noto come principio cosmologico.

Il Grande anello si trova a 9,2 miliardi di anni luce dalla Terra, nei pressi della costellazione di Boote. Lopez sostiene che la mega-struttura è in realtà una spirale allineata di fronte alla Terra. Per identificarla, il team della ricercatrice ha analizzato i dati sui quasar della Sloan Digital Sky Survey (Sdss).

L’enigma delle megastrutture cosmiche, insomma, non fa che infittirsi. Utilizzando lo stesso metodo, in passato Lopez aveva già scoperto un corpo a forma di arco gigante, che si estende per 3 miliardi di anni luce e si trova accanto proprio al Grande anello. Per la scienziata i due ammassi potrebbero far parte di un’unica struttura che si sta separando con l’espansione dell’universo. A causa della distanza e della velocità della luce, le informazioni provenienti dall’arco e dall’anello corrispondono a un momento in cui l’universo era 1,8 volte più piccolo rispetto a oggi.

Nessuna di queste due enormi strutture è facile da spiegare con la nostra attuale comprensione dell’universo. Le loro dimensioni, le loro forme peculiari e la loro vicinanza cosmologica ci dicono sicuramente qualcosa di importante, ma cosa esattamente?“, si chiede l’autrice della ricerca.

Le basi della cosmologia potrebbero essere aggiornate

La formazione delle megastrutture nell’universo è probabilmente legata ad alcuni fenomeni. La University of Central Lancashire sottolinea che i responsabili di questi ammassi di proporzioni gigantesche potrebbero essere le oscillazioni acustiche barioniche (Bao) oppure le stringhe cosmiche.

In entrambi i casi si tratta in sostanza di “rughe”, alterazioni della topografia dell’universo causate dalle interazioni durante il Big Bang. Le Bao, in particolare, sono già state identificate in passto. Ho’oleilana, una bolla cosmica dal diametro di 820 milioni di anni luce è una delle prove più recenti di un legame tra la materia barionica e le radiazioni al principio dell’universo.

Le ipotesi convenzionali non convincono però il team che ha condotto la ricerca. L’attuale modello cosmologico non ammette infatti l’esistenza di strutture così grandi, e il fatto che due di questi corpi siano così vicini solleva la possibilità di un sistema cosmologico più complesso.

Lo studio sull’università punta su una teoria precisa: la cosmologia conforme ciclica (Ccc), secondo cui l’universo vivrebbe cicli infiniti di espansione e contrazione, in cui tutto si rinnova. Il Grande anello nella costellazione di Boote potrebbe rappresentare uno dei primi grandi segnali di questa teoria.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.



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di Jorge Garay www.wired.it 2024-01-15 17:00:00 ,

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