C’è l’organizzazione dello sciopero globale per il clima di domani, ma c’è anche la battaglia per il suo Paese e per difendere le risorse africane. Ieri Vanessa Nakate, l’attivista ugandese capace di ricordare al Nord del mondo che il disastro climatico in Africa è già realtà quotidiana, è stata ricevuta da papa Francesco. Con lei, una delegazione di StopEACOP, l’organizzazione che si oppone alla realizzazione in Uganda dell’oleodotto East Africa Crude Oil Pipeline, un impianto per trasportare greggio lungo 1.443 chilometri, che, se completato, sarebbe il più lungo oleodotto riscaldato del mondo.
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L’oleodotto trasporterebbe petrolio estratto da una zona tra le più ricche di biodiversità in Africa e Nakate denuncia che il probabile rischio di fuoriuscite di petrolio rappresenta un’enorme minaccia per i mezzi di sussistenza e il benessere di decine di milioni di ugandesi e tanzaniani, oltre a generare più di 34 milioni di tonnellate in più di emissioni di anidride carbonica ogni anno, accelerando la crisi climatica.
La giornata romana di Nakate è stata frenetica, la incontriamo durante un breve pranzo a Trastevere. La sua timidezza sparisce non appena parla dell’importanza dell’udienza con Bergoglio: “Questo incontro con papa Francesco è stato vitale – dice – perché gli attivisti, i difensori dell’ambiente e gli scienziati devono parlare a tutti i leader mondiali dei pericoli che la gente e il Pianeta stanno affrontando, da anni ormai. Avere il Papa che riconosce la nostra campagna StopEACOP conferisce ancora più autorità morale alle nostre richieste”.
“Vogliamo vedere la fine del finanziamento di qualsiasi nuovo progetto di combustibile fossile come l’East African Crude Oil Pipeline, e vogliamo vedere nuovi investimenti in energia pulita e sostenibile – dice l’attivista ugandese -. Ci battiamo per una transizione giusta per tutti, che non lasci indietro le comunità vulnerabili e meno privilegiate”.
C’è l’emozione profonda della credente, non solo la soddisfazione dell’attivista: “Per me la lotta per proteggere l’ambiente è anche lotta per proteggere la creazione di Dio. Vedere il Papa che ascolta quel che stiamo facendo è stato davvero importante. La fede ha un ruolo fondamentale nel mio attivismo, sento una forte responsabilità, come cristiana, di oppormi alla distruzione dell’opera di Dio“.
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Già oggi Vanessa Nakate tornerà a Kampala, in Uganda, dove sarà alla guida dello sciopero globale per il clima. “Venerdì sarà un momento importante per tutti, ma in particolare per chi, come me, vede i grandi passi avanti che l’attivismo climatico ha fatto in Africa. Quando ho cominciato ero guardata come un’eccezione, adesso ci sono sempre più giovani che si impegnano. Manifesteremo a Kampala come in tutte le altre piazze del mondo, ricevo moltissimi messaggi di giovani africani che mi chiedono consigli su come organizzare le attività. È la dimostrazione che i giovani africani si stanno ribellando e che sempre più voci si stanno unendo al nostro movimento. So che saremo tanti, ovunque, ma vorrei che in tutto il mondo si tenesse conto che per noi africani non si tratta di assicurarci un futuro. Noi viviamo sulla nostra pelle, ogni giorno, gli effetti del cambio climatico con la siccità, la scarsità di cibo, le nostre terre deturpate dallo sfruttamento. Per noi il problema è assicurarci la vita ora“.
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Insieme a Nakate c’è Diana Nabiruma, dell’Africa Institute for Energy Governance, un’organizzazione no-profit con sede in Uganda. Nabiruma sottolinea la repressione delle proteste nel suo Paese: “Stiamo facendo diversi incontri per mobilitare giovani e attivisti in Europa e fare pressione su Total, banche, assicuratori, il sistema legale e altri per fermare l’EACOP. In Uganda, non abbiamo molto spazio per mobilitarci e impegnarci in azioni come le proteste. Speriamo che i giovani e gli attivisti che abbiamo coinvolto possano continuare a portare avanti la nostra battaglia.
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I danni che questo oleodotto può fare sono molteplici, sia sociali, sia ambientali. Intanto il petrolio sarà estratto da una delle più antiche, grandi e più visitate foreste in Uganda, un parco nazionale. Il danno alla biodiversità sarà drammatico e non ci sono assicurazioni che questa riserva di biodiversità sarà protetta da inquinamento e sversamenti. Non solo: un terzo dell’oleodotto passerà nel bacino del Lago Vittoria: oltre 4 milioni di persone nell’Africa orientale dipendono dalle sue acque, non possiamo rischiare che vengano inquinate”.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-03-24 07:43:58 ,
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