Venom non ha mai avuto fortuna al cinema.
Mai. E il bello è che al cinema c’è stato solo due volte.
La prima fu nel famigerato Spider-man 3 di Sam Raimi, nel quale era interpretato da Topher Grace: il film è oggi ricordato con un miscuglio di ironia e tenerezza per l’effetto della nostalgia e di un cospicuo numero di meme (la maggior parte dei quali riguardanti il simbionte), ma ai tempi, tra gli evidenti conflitti creativi tra regista e produzione, il mancato equilibrio nella gestione delle varie sottotrame e una sceneggiatura completata in fretta e furia nel pieno delle riprese, fu oggetto dell’accusa da parte dei fan di aver affossato la saga, e di tante altre pesanti critiche (la maggior parte delle quali riguardanti il simbionte).
E la seconda fu nell’omonimo film del 2018 diretto da Ruben Fleisher, film sul quale, nonostante la presenza di un attore rinomato come Tom Hardy nel ruolo del protagonista, le aspettative erano basse fin da subito (anche e soprattutto a causa dell’assenza di Spider-man), aspettative che furono confermate pienamente da un catastrofico 30% su Rotten Tomatoes.
Il Venom di Hardy è così diverso da quello di Grace, eppure altrettanto sbagliato: laddove la versione di Grace ne snaturava aspetto e caratteristiche fondamentali, privandolo della sua natura di antieroe e rendendolo un cattivo da fumetto nell’accezione più negativa del termine, quella di Hardy manteneva sì l’imponente fisicità, le interazioni tra uomo e simbionte e il comportamento antieroico della controparte fumettistica, ma ne stravolgeva origini e motivazioni, e condiva il tutto con un umorismo grottesco e demenziale che si confaceva al personaggio quanto Germano Mosconi al Vaticano.
Con premesse del genere, era sostanzialmente impossibile avere anche solo delle aspettative medio basse per un eventuale seguito, motivo per cui chi vi scrive è entrato in sala attendendosi un film onestamente tamarro senza trama e senza senso, un concentrato di ignoranza volto esclusivamente a farti spegnere il cervello per due ore proponendoti l’idea di intrattenimento che potrebbe avere una scimmia sottoposta a svariate lobotomie, “una cagata pazzesca”, come direbbe qualcuno, che però sa di esserlo e non finge di essere nient’altro.
Per questo nel corso della visione sono rimasto incredibilmente sorpreso: mi aspettavo infatti un film idiota… Ma assolutamente non fino a questo punto.
Perchè sì, “Venom – la Furia di Carnage” non è un film, bensì un pesante insulto sul personale verso le madri di chiunque abbia anche solo visto la copertina di un fumetto di Venom, e, più in generale, uno sputo negli occhi di tutti coloro che avranno la malaugurata idea di entrare in sala per rilassarsi un’oretta e mezza, uno sputo destinato a colpire un numero incalcolabile di occhi, perché nonostante tutte le invettive che i recensori potranno mai fare nei confronti di questo crimine contro il cinema, la popolarità del simbionte nero resta intatta dagli anni ‘90 fino ad oggi, e se lo piazzi in un film sono numeri. Tanti numeri.
Quindi, se siete curiosi di scoprire se riuscirò a esprimere un parere sensato su questo film senza degenerare in facili (ma più che giustificati) insulti senza sostanza, proseguiamo nell’analisi di “Venom – La Furia di Carnage”.
How i met my symbionte
Ora potrei partire con un pistolotto interminabile elencando tutti i difetti strutturali del film, da una trama che sembra essere stata approvata senza essere neanche letta, a una sceneggiatura con più buchi del braccio di Cesare Ferretti in “Amore Tossico”, ma sarebbe poco onesto da parte mia.
D’altronde non parliamo semplicemente un film su Venom, emblema di tutto ciò che sono stati i tamarrissimi fumetti anni ‘90 nel bene e (soprattutto) nel male, ma parliamo di un film su Venom contro Carnage, personaggio che dalla sua creazione fino ad oggi non è stato mai proposto con un intento diverso dalla semplice e gratuita perpetrazione di massacri sommari e bagni di sangue: in queste condizioni lamentarsi di trama e sceneggiatura sarebbe un po’ come girare per un quartiere a luci rosse e lamentarsi del poco pudore.
Insomma, sarebbe bastato rendere in maniera decente questi due personaggi, e il film sarebbe almeno in parte riuscito, eppure in qualche modo il regista Andy Serkis, la sceneggiatrice Kelly Marcel e lo stesso Tom Hardy (che ha contribuito alla stesura della storia) sono riusciti nella non facile impresa di snaturarli entrambi.
Partiamo proprio da Eddie Brock/Venom.
Ancora più che nel film di Ruben Fleisher, appare evidente come Sony non sia in grado di gestire un antieroe cupo e dark ma al tempo stesso sopra le righe, motivo per cui fa quello che sanno fare tutti in questa situazione, specialmente gli incapaci: sceglie di buttarla unicamente sul grottesco. E no, non parliamo di un grottesco alla James Gunn, nel quale gli elementi bizzarri e sopra le righe, che lì per lì susciterebbero il riso, servono a celare una verità più profonda, e spesso malinconica.
Parliamo di quel grottesco imbecille e non sense tirato in causa ogni volta che c’è da giustificare una scelta narrativa fatta con i piedi, e che potremmo riassumere con la tanto breve quanto efficace espressione “zitto e ingoia”.
Perché Venom dovrebbe avere in abitazione delle galline? Zitto e ingoia.
Perché dovrebbe esserci una scena in cui il simbionte cucina distruggendo mezza abitazione? Zitto e ingoia.
Perché le dinamiche tra Eddie e il simbionte in generale ricordano tragicamente quelle di una (bruttissima) sitcom? Zitto e ingoia.
E potrei proseguire così per ancora svariate righe, ma per non suonare troppo ridondante mi limiterò a dire che per quanto possiate essere di bocca buona e possiate aver accettato addirittura gli apici di demenzialità di Jar Jar Binks, nel vedere Venom in una discoteca ricoperto di cerchietti multicolore urlare al microfono degli slogan queer potreste seriamente rimpiangere Tobey Maguire che balla per strada sulle note di “Drive That Funky Soul”.
Ma più in generale il vero problema di questo Venom, è che è gestito talmente male che risulta tremendamente difficile da catalogare come personaggio: non è abbastanza responsabile per essere un eroe, è fin troppo poco etico perfino per un antieroe, e non è neanche abbastanza cattivo per un criminale.
In sostanza risulta essere semplicemente un idiota con i poteri.
Eppure la sua gestione riesce addirittura a risultare lontanamente dignitosa se paragonata a quella del villain Carnage.
Come accennato prima, Carnage non è mai stato un apice di profondità e spessore, anzi è sempre stato una delle icone di quei fumetti major anni ‘90 fatti di botte testosteroniche, muscoli ipertrofici, e ‘gnuranza totale, di quelli che vanno presi a poche gocce e a cervello spento, che non hanno alcuna pretesa se non quella di intrattenere con molto poco.
Ma questo film riesce nella non facile impresa di fare di peggio, e il bello è che questo “peggio” lo si ottiene nel tentativo di umanizzare il personaggio e renderlo più profondo.
Il Cletus Kasady qui proposto infatti, più che alla macchina di morte che è nei fumetti (con o senza simbionte), somiglia a quello che verrebbe fuori se una dodicenne analfabeta con una cultura cinematografica limitata a “Suicide Squad” e “50 Sfumature di Grigio” decidesse di scrivere una fanfiction sul personaggio dopo un rapido sguardo alla sua pagina su Wikipedia.
Poco importa che a prestare il proprio volto al folle serial killer dai capelli rossi sia stato chiamato un signor attore come Woody Harrelson, poco importa quanto questi sia bravo a risultare efficace anche quando va estremamente sopra le righe, e poco importa quanto la presenza stessa di Carnage costituisse l’occasione perfetta per proporre al pubblico un cinecomic con la struttura di un horror slasher: quando non è impegnato a recitare monologhi deliranti e sconclusionati degni di Adam, il macellaio di “In the Market”, o scene di omicidio con una quantità di sangue destinata ad essere abbondantemente superata da quella che verseranno i critici dopo aver visionato questo abominio, tutto quel che viene chiesto a Woody Harrelson è di fare gli occhi dolci a Naomi Harris, qui impegnata nell’interpretazione di Frances Barrison/Shriek, personaggio destinato a lasciare un’impronta nel panorama dei cinecomics paragonabile a quella che lascerebbe Hannibal Lecter in un ristorante vegano.
E potrei stare qui a parlare per ancora svariate righe degli incalcolabili difetti del film, da dei personaggi secondari rilevanti quanto degli assaltatori in “Star Wars”, ad una scrittura tragicamente simile a quella di un cinepanettone, passando per la maniera in cui gli sceneggiatori sembrino divertirsi in maniera quasi sadica a disintegrare quelle poche regole sul funzionamento dei simbionti stabilite dal primo “Venom” (in questo film vedrete i simbionti fare cose come muoversi a supervelocità o hackerare i computer), ma mi preme sottolineare quello che è forse l’unico pregio del film: la brevità.
“Venom – La Furia di Carnage” fa schifo, ma ha quanto meno la decenza di farlo in solo un’ora e mezza, cosa che gli permette quanto meno di risultare più sopportabile rispetto a crimini contro l’umanità spacciati per film come ad esempio “Wonder Woman – 1984”, che oltre a costituire un’esperienza visiva piacevole quanto una cena con Armin Meiwes, arrivava a sprecare ben due ore e trenta minuti di tempo del malcapitato spettatore.
Qualche considerazione con SPOILER
Negli ultimi giorni potrebbe esservi capitato di vedere articoli, video e post sui social intenti ad analizzare la scena post credit del film, nella quale vediamo Eddie Brock finire all’interno del MCU, dalla quale deduciamo con orrore come anche il personaggio di Venom sia destinato ad essere coinvolto nel conflitto multiversale al centro di “Spider-man: No Way Home”.
Tralasciando le fin troppo facili battute su quanto la cosa più interessante del film si trovasse dopo i titoli di coda, e su quanto l’ultima volta che il simbionte nero fu coinvolto nel capitolo finale di una trilogia di Spider-man non andò esattamente benissimo (anche se questo film sembra essere già riuscito nella non facile impresa di far rivalutare al pubblico l’Eddie Brock di Topher Grace), posso solo dire quanto la conferma che la versione di Venom destinata ad interagire con lo Spider-man di Tom Holland sarà questa sottospecie di accoppiata Boldi-De Sica mi ha letteralmente sconfortato, ed è riuscito a far calare il mio entusiasmo e la mia attesa nei confronti dell’ultimo (per ora) capitolo dello Spider-man del MCU, entusiasmo che solo un nuovo trailer potrebbe ripristinare (Sony ascolta la mia preghiera). In conclusione, potrei definire “Venom – La Furia di Carnage” con una infinita sequela di insulti sempre più fantasiosi, coloriti e impronunciabili, ma in realtà basta un solo termine definirlo nella sua interezza, ed è “irrispettoso”: irrispettoso nei confronti delle icone fumettistiche che si diverte a stuprare più che a trasporre, irrispettoso nei confronti di un pubblico che si ritroverà a pagare per vedere la propria intelligenza insultata per un’ora e mezza, irrispettoso nei confronti della professionalità di attori pagati per privarsi della dignità davanti alla macchina da presa, e irrispettoso nei confronti di un genere, quello dei cinecomic, che sappiamo avere il potenziale per stupirci ancora per molto tempo, ma (e questo film ce lo ricorda nel più brutale dei modi) in positivo come nel più estremo negativo.
Source link
di Ivan Guidi
www.2duerighe.com
2021-10-19 07:34:11 ,