Una scarpa da ginnastica nera sul ciglio erboso e, qualche metro più in là, il corpo martoriato di un ragazzino di 13 anni. Ci è rimasto per quasi un’ora su quella strada, dopo essere stato falciato da un’auto che non si è fermata. Chris Obeng Abom, la vita ancora tutta da costruire e il sogno di diventare calciatore, è deceduto poco prima dell’alba all’ospedale Borgo Trento di Verona. E lo sfogo del direttore della terapia intensiva fa apparire questa tragedia come una beffa ancora più difficile da accettare: «Quell’automobilista l’ha lasciato morire, se fosse stato soccorso immediatamente, si sarebbe salvato», dice il dottor Enrico Polati.
Dopo una mezza giornata di ricerche i carabinieri sono riusciti a risalire al conducente dell’auto, un trentanovenne della zona con precedenti penali per droga e guida in stato di ebbrezza. Dopo l’incidente se n’era tornato a abitazione e la mattina successiva è andato pure a lavorare, come se niente fosse. I militari l’hanno raggiunto nel cantiere edile in cui lavora. «Sì, ero io alla guida», ha ammesso, costretto a farlo forse perché proprietaria del veicolo è la madre di 64 anni. Ma nonostante tutto, niente carcere per il momento. È stato denunciato a piede libero per omicidio stradale, fuga in caso di incidente e omissione di soccorso.
E adesso c’è una madre che si dispera: «Non può essere vero, dov’è il mio Chris?». È una famiglia di origini ghanesi che vive in Italia da una ventina d’anni. Il padre lavora come pavimentista in un’azienda di ceramica nel modenese, mentre la madre vive a Negrar: Chris aveva anche un fratello e una sorella.
Adorava il calcio, questo ragazzino con l’espressione pacifica, così come ce lo riconsegna la fototessera incollata al cartellino della Polisportiva di Negrar. Era un attaccante e anche a stagione sportiva ferma, il suo punto di riferimento era sempre il campo da calcio. Ci era stato anche lunedì pomeriggio, con un gruppo di amici. Sono rimasti insieme fino a sera, grazie alle deroghe concesse dai genitori nel periodo estivo. Intorno alle 23.30 stava tornando a abitazione a piedi, percorrendo la strada di raccordo tra il centro e la periferia di Negrar, una provinciale lunga e stretta che lambisce zone artigianali e vigneti dell’Amarone. È una strada pericolosa, male illuminata e senza marciapiede in vari punti. Ma Chris non ci pensava, era felice della giornata trascorsa.
L’auto che l’ha falciato viaggiava nella sua stessa direzione. È una Renault Espace, alla guida c’era un trentanovenne con una storia già scritta di irresponsabilità alla guida. Cosa sia successo nessuno lo sa.
Chris ha subìto un trauma cranico e un trauma toracico. «Ma nessuna delle ferite era così grave da giustificare un decesso», ripete arrabbiato il dottor Polati. L’adolescente è rimasto a terra per un periodo di tempo che poi è risultato fatale. «È una fatto vergognoso» ribadisce il medico. «Negli ospedali ogni giorno lottiamo con tutte le nostre forze per salvare la vita ai pazienti. Poi fuori di qui c’è chi alla vita non dà alcun significato».
Sono stati due giovani che rientravano a piedi dal lavoro, a notare il suo corpo agonizzante sbalzato nelle vicinanze di un vigneto, vicino alla provinciale. Hanno provato a soccorrerlo, si sono resi conto che era ancora vivo. Allora hanno chiamato l’ambulanza, nella speranza che in ospedale facessero il miracolo. Chris è deceduto alle 8 del mattino.
Nel frattempo il conducente dell’auto se ne stava a abitazione e la mattina successiva è andato al lavoro, con la macchina ammaccata e il parabrezza infranto. I carabinieri ci hanno messo 12 ore per risalire a lui. Il tempo di acquisire le immagini riprese dalle telecamere della videosorveglianza cittadina. Decisivi anche un frammento del fanale e una parte dello specchietto retrovisore. Una volta rilevata la targa e individuato il modello dell’auto, sono risaliti alla proprietaria, la donna di 64 anni. E da lei sono arrivati al figlio.
«I pirati della strada sono ancora un’emergenza e i pedoni sono gli utenti più vulnerabili», rileva Luigi Altamura, comandante della polizia locale di Verona. «Nonostante l’introduzione dell’omicidio stradale il fenomeno non accenna a diminuire. Servono maggiori controlli nelle ore serali e notturne, con più pattuglie, anche per verificare le condizioni psicofisiche di chi guida».
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-08-01 20:59:17 ,www.repubblica.it