Via col vento ha pochi film che possano contrastarne lo status di opera cinematografica controversa per eccellenza. Eppure, la sua ambiguità è pareggiata unicamente dalla sua bellezza, dalla sua potenza, dalla sua capacità di rappresentare un’epoca cinematografica, con tutti i suoi pro ed i suoi contro. Ad 85 anni esatti dall’uscita in sala, Via col vento rimane un film divisivo, affascinante, ambiguo e proprio per questo importantissimo.
Un film rischiosissimo che fu capace di stregare un’intero paese
Quando Via col vento viene mostrato in anteprima al Grand Theater di Atlanta, quel 15 dicembre 1939, c’è un milione di persone in città, per il film più chiacchierato, discusso, costoso che si fosse visto. La città smette di vivere per quattro giorni, è un circo impazzito a causa di quel colossal dalla genesi difficilissima, complicata, tanto che viene da chiedersi come sia possibile, a 85 anni esatti di distanza, che sia diventato un successo immortale, senza pari. Il romanzo originale di Margaret Mitchell era stato un caso editoriale, un best seller venduto ovunque, ma poteva il cinema replicare tanta fortuna? Il produttore David O. Selznick era sicuro di sì, bene o male più che di Victor Fleming (a cui dobbiamo Il Mago di Oz tra le altre cose) Via col vento è sempre stato una creatura sua, di questo individuo dispotico, perfezionista, intrattabile e che rese la lavorazione un vero e proprio inferno per troupe, cast, sceneggiatori. Il regista doveva essere George Cukor, per oltre un anno lavorò alla pre-produzione con Selznick, per licenziarsi adirato dopo tre settimane di riprese.
Selznick cacciava e assumeva membri dello staff e della troupe alla velocità della luce, non era sicuro di nulla e contemporaneamente assillava chiunque con il suo perfezionismo. Solo la sceneggiatura infine lo convinse, ma solo perché a parte lui e Sidney Howard, vi erano stati coinvolti per mesi anche Scott Fitzgerald e Ben Hecht tra gli altri. Poi c’era stato da scegliere il cast. Selznick voleva Erroll Flynn e Bette Davis, ma i due divi si odiavano. Gary Cooper passò alla storia come un Piero Fassino d’antan rinunciando al ruolo di Rhett Butler, asserendo che Via col vento sarebbe stato “il più grande flop della storia”. Il tutto a beneficio di Clark Gable, coperto d’oro per l’occasione. Nessun problema per Leslie Howard, Olivia de Havilland dovette invece fare carte false per sfuggire ai vincoli del suo contratto con la Warner. Per Vivien Leigh il ruolo di Rossella O’Hara arrivò perché conosceva il fratello di Selznick, ma erano ben altri i nomi che giravano per il ruolo della protagonista, la Metro-Goldwyn-Mayer cercava una diva.
Eppure, la spuntò lei, che ancora non era una diva e che da allora è un volto iconico della storia del cinema per quel film rischiosissimo, evento mediatico che impattò la società americana di quel finire di anni ‘30 come nessuno poteva pensare. Parlare di Via col vento significa confrontarsi con un film capace di rappresentare in tutto e per tutto quella divisione intima, irrinunciabile e mai doma dell’America tra nord e sud. La trama ruota attorno ad una piantagione in Georgia, Tara, dove Rossella vive con la sua famiglia. Sogna l’amore per il bello e elegante Ashley, ma lo questi la friendzona gentilmente per la tenera cugina Melania. In agguato, pronto a trafiggere c’è l’irriverente, salace e grintoso Rhett Butler. Ma la Guerra Civile travolgerà tutto e tutti. Per Rossella la guerra significherà la perdita dell’innocenza, di un paradiso fatto di galanteria, buone maniere, balli, giochi. Quel mondo dorato la fotografia di Ernest Haller lo amplifica fino a farci arrivare il Sud ribelle come esso si immaginava: la culla di un’aristocrazia raffinata.
Via col vento d’altra parte era già avvertito come personificazione dello spirito di revanche sudista fin dall’inizio della produzione, poi ripreso in toto da quella destra che ancora oggi è seguita da una bella fetta di America. Ma Rossella, Melania, conosceranno invece lutti, fame, disperazione, violenza e l’orrore di una guerra che come tutte le guerre doveva durare poche settimane. Invece sarà il primo conflitto armato moderno della storia e Via col vento lo fa capire bene. L’esito di fatto verrà nitido non da ideali e valore, ma dall’apparato industriale, dalle risorse. Via col vento è un caleidoscopio di momenti cinematografici incredibili, immagini portentose, sovente brutali, grandi scene di massa e intimità assoluta, tutti concepiti come dipinti in movimento di estatica bellezza. Su tutti, rimane impresso il giuramento fatto da Rossella a sé stessa al culmine della disperazione, della fame. Ma i dialoghi, i dialoghi di questo film sono perfezione assoluta, sono portatori di significato e di un percorso di evoluzione costante che rendono questo film ancora oggi un modello.
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di Giulio Zoppello www.wired.it 2024-12-15 05:30:00 ,