Vialli, quell’ultima uscita pubblica con i vecchi compagni della Samp: “Scusate se sono andato via presto” – Calcio

Vialli, quell’ultima uscita pubblica con i vecchi compagni della Samp: “Scusate se sono andato via presto” – Calcio


“Gianluca è stato una guida perfetta per tutti noi: non esiste parola più adatta a definirlo”.  Così Marco Lanna, attuale presidente della Sampdoria e suo compagno di squadra nella stagione dello scudetto, spiega il ruolo che Vialli assumeva naturalmente in ogni gruppo, senza alcuno sforzo o forzatura. Era una guida spontanea in quella Samp, ma non si metteva mai sul piedistallo: si sentiva uno come gli altri, nella compagnia di calciatori davvero amici coordinati da un cosmopolita atipico come Vujadin Boskov e da un vice lungimirante come Ciso Pezzotti, ai quali riuscì il miracolo sportivo di un campionato vinto fuori da una metropoli: l’albo d’oro della serie A dice che, dopo il trittico Bologna 1964-Fiorentina 1969-Cagliari 1970, soltanto il Verona nel 1985 e appunto la Samp nel 1991 raggiunsero l’obiettivo, precluso successivamente alle squadre delle città di medie dimensioni dal crescente divario economico, ampliato irrimediabilmente dai soldi dei diritti televisivi.

Un sogno da Presidente

Gianluca Vialli, col gemello calcistico Roberto Mancini, di quel miracolo fu il simbolo, come Lanna racconta: “Era il più equilibrato: sempre il primo ad allenarsi, a correre, a lottare. Dava l’esempio, sul serio. Nei momenti difficili lo guardavi per prendere da lui la forza che trasmetteva: la stessa che non ha mai smesso di mostrare durante la malattia, perché ha continuato a guardare sempre le cose col sorriso, non si è mai pianto addosso”. Negli ultimi tempi il rapporto tra i due ex compagni si era fatto ancora più stretto: “Tutti noi dello scudetto abbiamo condiviso l’idea del libro, poi diventato anche docufilm, che rendesse indelebile quell’esperienza. Nell’anno in cui sono diventato presidente ho condiviso con Luca tante cose. Era stato il primo che avevo chiamato, prima di accettare, perché lui della Sampdoria conosceva tutto, nei dettagli, vista la trattativa con gli americani per rilevare la società. Si informava, mi chiedeva dei movimenti di mercato: la speranza comune era che, col cambio di proprietà, lui potesse tornare. Gli dicevo sempre che gli stavo scaldando la poltrona. Era un uomo attento a tutto e a tutti e non ha mai smesso di pensare alla Samp”.

 

L’omaggio a Marassi con Sinisa

Domenica prossima la squadra, prima della partita col Napoli, lo ricorderà insieme a Sinisa Mihajlovic, l’altro grande ex doriano appena scomparso: i giocatori dovrebbero indossare la maglia numero 9 durante il riscaldamento. Poi, verosimilmente nella successiva partita casalinga a Marassi con l’Udinese, il 22 gennaio, è probabile un Vialli-day, nel ricordo della grande Sampdoria, appena immortalata dal libro “La bella stagione”, firmato proprio da Vialli e Mancini, e dall’omonimo docufilm di Marco Ponti, presentato alla fine dello scorso novembre. Racconta la vicenda blucerchiata ormai leggendaria in una Genova diventata di colpo la capitale del calcio italiano – Samp vincitrice del campionato e finalista in Coppa Campioni, Genoa quarto e semifinalista in Coppa Uefa – mentre l’Expò colombiana del 1992, col recupero del Porto Antico nel progetto di Renzo Piano, confezionava una tra le più riuscite operazioni e urbanistiche del XX Secolo in Italia e sanciva, a due soli anni dall’inaugurazione dello stadio Ferraris ristrutturato da Vittorio Gregotti per Italia ’90, la piena osmosi tra i successi nel calcio e l’architettura di una città che di calcio è intrisa.

L’ultimo messaggio         

Proprio in occasione di quelle serate di novembre, tra Torino e Genova che raggiunse in auto da solo, Vialli confermò nella sua ultima apparizione pubblica l’attaccamento a quella storia. Chi era presente al revival quell’epopea con gli eroi blucerchiati di nuovo l’uno accanto all’altro – da Mancini a Pari, da Lombardo a Mannini, da Vierchowod a Pagliuca – si accorse dello sforzo immane che Vialli, già molto sofferente per la recrudescenza della malattia, aveva fatto per essere presente, felice ed emozionato. Era come se fosse consapevole che sarebbe stata l’ultima volta tutti insieme. La mattina dopo, sui telefonini della chat, spuntò il suo messaggio, come sempre altruista, perché la generosità illustrata anche dalla Fondazione istituita con Massimo Mauro era il suo tratto distintivo: “Scusate se sono andato via presto”, aveva scritto. Era stata una serata bellissima, un flusso di ricordi, con Mancini sempre accanto. Loro due erano diventati amici poco più che adolescenti, nelle Under azzurre, ma la coppia si era consolidata alla Sampdoria. Complementari in campo e nella vita, grazie anche al carattere diverso e alle diverse caratteristiche tecniche e atletiche, avevano via via rafforzato un ruolo di solito riservato ai giocatori più anziani: il presidente Paolo Mantovani, con una fortunata intuizione, consultava i giovani Vialli e Mancini, attraverso il ds Paolo Borea, per scegliere i giocatori coi quali migliorare la squadra per raggiungere lo scudetto.

Quella telefonata di Lippi

Coinvolti e responsabilizzati, con un entusiasmo irrefrenabile, Gianluca & Roberto non solo erano i leader naturali del gruppo completato da Mannini, Pari, Fusi, Branca, Lombardo, Vierchowod, Cerezo, Pagliuca e tutti gli altri, ma non pensavano minimamente di abbandonare Genova. Dove Vialli viveva sul lungomare di Quinto, al primo piano della storica Villa Rosa, e Mancini lì accanto, a dieci minuti d’auto dal campo di allenamento di Bogliasco. Le tentazioni non mancavano, come avrebbe confessato Gianluca, concupito dal Milan di Berlusconi. Più del noto aforisma frase sul mar Ligure da preferire al lago artificiale di Milano 3 gli amici conservano nella memoria una frase di ineccepibile asciuttezza, consegnata a loro da un ex campione maturo, ormai lontano dalla carriera di calciatore: “Perché sarei dovuto andare al Milan, se a Genova guadagnavo gli stessi soldi, stavo bene e potevo vincere comunque?”. La Coppa Campioni mancata nel 1992 a Wembley contro il Barcellona la sollevò in verità nel 1996 a Roma, da capitano, con un’altra maglia, quella della Juventus. Ma prima c’erano state due stagioni così e così con Trapattoni e lui stava già progettando il ritorno alla Samp. Stava addirittura scegliendo la abitazione, quando gli arrivò la telefonata di Marcello Lippi: “Non pensarci nemmeno: tu sarai il pilastro della mia squadra”. Il resto, dal trasferimento al Chelsea alla sua vita inglese con Londra come nuovo domicilio e la chiusura del cerchio calcistico col titolo europeo da dirigente della Nazionale di Mancini, è una storia freschissima. La storia di Gianluca Vialli, guida perfetta di qualunque gruppo. 



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