Mentre in Ruanda si stanno concentrando gli sforzi per contenere il suo primo focolaio, come confermato dall’Organizzazione mondiale dalla sanità (Oms), la malattia da virus Marburg, una patologia altamente virulenta simile a Ebola, potrebbe ora essere arrivata in Europa. L’allarme è scattato esattamente ad Amburgo, dopoché un passeggero, proveniente dal continente africano, è arrivato alla stazione principale della città tedesca presentando la sintomatologia della malattia. Ecco di che virus si tratta, che sintomi provoca e come prevenirne il contagio.
Il focolaio in Ruanda
Il 29 settembre scorso, il incarico della salute del Ruanda ha segnalato un totale di 26 casi confermati di malattia da virus Marburg (Mvd), inclusi 8 decessi. La maggior parte dei casi confermati, pari al 70%, sono operatori sanitari di due strutture sanitarie di Kigali ed è ora in corso il tracciamento dei contatti, circa 300 sono in fase di follow-up. “Questa è la prima volta che Mvd viene segnalato in Ruanda”, spiegano dall’Oms. “Al momento non esistono trattamenti o immunizzazioni disponibili per la Mvd. Questo è il motivo per cui è importante che le persone che mostrano sintomi simili a Marburg cerchino cure tempestive per un trattamento di supporto che possa migliorare la sopravvivenza del paziente”. Gli esperti per ora hanno valutato il rischio di questa epidemia come molto alto a livello nazionale, alto a livello regionale e basso a livello generale. “Sono in corso indagini per determinare la reale portata dell’epidemia e questa valutazione del rischio verrà aggiornata man mano che verranno ricevute ulteriori informazioni”, scrivono dall’Oms.
Il virus Marburg
Appartenente alle Filoviridae, la stessa famiglia del virus Ebola, il Marburg marburgvirus (Marv) è stato descritto per la prima volta nel 1967 e provoca la malattia da virus Marburg (Mvd), conosciuta anche come febbre emorragica di Marburg. Sebbene siano due virus differenti, Ebola e Marburg causano malattie clinicamente molto simili, così come il loro tassi di letalità. Il tasso di letalità della Mvd, infatti, si aggira intorno al 50%, variando dal 24 all’88%. “Nei casi letali il decesso avviene tra gli 8 e i 16 giorni dall’esordio ed è attribuibile alla disidratazione, emorragie interne e insufficienza multiorgano”, spiegano dall’Istituto superiore di sanità (Iss).
I sintomi
Dopo un’incubazione di 5-10 giorni (può arrivare anche fino a 21 giorni), i sintomi sono simili a quelli di altre malattie infettive, come malaria, febbre tifoide, dengue e altre febbri emorragiche (Ebola), compaioni all’improvviso e sono inizialmente aspecifici, quali febbre alta, forte mal di testa e malessere. Dopo circa tre giorni dall’esordio possono comparire anche dolori addominali, nausea, vomito e diarrea e, successivamente, possono presentarsi manifestazioni emorragiche. Nei casi fatali, il decesso sopraggiunge dopo circa 8-9 giorni dalla comparsa dei sintomi, solitamente preceduto da una grave perdita di sangue.
Il contagio
Trasmessa inizialmente da alcune specie di pipistrello portatrici del virus, il contagio da persona a persona avviene tramite il contatto diretto con sangue o altri fluidi corporei di una persona infetta o tramite contatto indiretto con superfici o oggetti contaminati. “Il rischio di trasmissione è più elevato durante le ultime fasi della malattia, in presenza di vomito, diarrea o emorragie”, precisano dall’Iss. “Il rischio di trasmissione durante il periodo di incubazione è trascurabile”.
Prevenzione e cura
Ad oggi non sono disponibili trattamenti specifici e immunizzazioni (alcuni candidati sono in fase di sviluppo), per prevenire la malattia da virus Marburg. Per chi ne è simpatia, quindi, si procede con la terapia di supporto, che consiste nel mantenimento dell’idratazione e degli elettroliti, trasfusioni ematiche e ossigenoterapia. Per prevenirne la diffusione, invece, è necessario attuare strategie che mirano a interromperne la trasmissione. Tra queste, per esempio, ci sono: l’identificazione precoce dei casi, l’isolamento, il tracciamento dei contatti e l’uso dei dispositivi di protezione individuale. “Queste strategie – scrivono gli esperti – si sono dimostrate efficaci nel controllo di precedenti focolai di Ebola e malattia di Marburg”.
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di Marta Musso www.wired.it 2024-10-03 09:25:16 ,