Non era soltanto lo storico capo ultrà dell’Inter, Vittorio Boiocchi. Ma un pluripregiudicato con una lunga carriera criminale. I suoi guai con la giustizia erano cominciati nel 1974, con una serie di rapine a mano armata e, complessivamente, il 69enne ucciso a colpi d’arma da fuoco sotto abitazione, a Milano, aveva ‘collezionato’ dieci condanne definitive per reati di associazione a delinquere, per traffico internazionale di stupefacenti, ricettazione, porto e detenzione illegale di armi, sequestro di persona e furto. Una lista lunghissima. Tanto che Boiocchi aveva trascorso 26 anni e tre mesi in carcere, nel periodo che va dal 1992 al 2018.
Vittorio Boiocchi e i rapporti con Cosa Nostra e la Mafia del Brenta
Tra le condanne, quella per essere stato, tra il 1996 e il 1997, il responsabile delle operazioni finanziarie di un gruppo che importava cocaina dalla Colombia ed eroina dalla Turchia, di cui facevano parte anche i fratelli Giuseppe e Stefano Fidanzati. Un sodalizio che lo aveva portato a contatti con esponenti di Cosa Nostra, in particolare con la cosca Mannino e con esponenti della cosiddetta Mafia del Brenta: legami grazie ai quali aveva sviluppato la capacità di reperire in breve tempo motonavi per il trasporto della droga da far distribuire su tutto il territorio milanese e a Genova.
Vittorio Boiocchi, la Curva dell’Inter e i rapporti con la criminalità
Eppure il suo cuore batteva sempre lì, tra gli spalti del secondo anello di San Siro. Appena uscito dal carcere, Boiocchi era tornato a frequentare la Curva Nord dell’Inter e a guidare i Boys, gli ultrà nerazzurri. Ma era tornato a frequentare anche altri personaggi ritenuti estremamente pericolosi dagli investigatori milanesi. Nel luglio del 2020, era stato notato ai tavoli del Bar Calipso in via Correggio, insieme a Vincenzo Facchineri “diretto appartenente della ‘ndrina Facchineri, fratello di Luigi, divenuto boss dell’organizzazione criminale” e a Antonio Francesco Canito detto ‘Caniggia’, direttamente legato al clan Magrini, famiglia appartenente alla malavita barese”, si legge nelle carte processuali più recenti.
Vittorio Boiocchi, l’ultimo arresto del capo ultrà e la tentata estorsione da due milioni di euro
A marzo del 2021, l’ultimo arresto. Era stato fermato a bordo di un’auto rubata: all’interno, finte pettorine della Guardia di Finanza, una pistola senza matricola con caricatore e sette cartucce, uno storditore elettrico, un coltello da cucina di grosse dimensioni, due manette in acciaio. Gli inquirenti avevano scoperto poi durante le indagini che era stato incaricato di una maxi estorsione da due milioni di euro nei confronti di un imprenditore milanese, Enzo Costa: l”ordine’ era partito da Ivan Turola, uomo d’affari milanese già arrestato nel 2020 dai finanziari di Palermo per corruzione in appalti della sanità siciliana. Per quei fatti Boiocchi si era preso un’altra condanna a tre anni e due mesi in primo grado.
La sorveglianza speciale per Vittorio Boiocchi: “Necessaria per spezzare il pericoloso legame con i tifosi interisti”
A giugno del 2021, per lui era scattata la sorveglianza speciale. Una misura, scrisse allora la Sezione misure di prevenzione presieduta dal giudice Fabio Roia, necessaria per “spezzare quel legame pericoloso esistente fra Boiocchi Vittorio e la tifoseria interista anche al fine di tutelare i soggetti legati al mondo degli ultrà che non presentino caratteristiche criminali”
Indelebile nel ricordo dei tifosi della Curva, la scazzottata con Franco Caravita, altro storico capo ultrà dell’Inter, nel settembre del 2019: un diverbio nato durante la partita Inter-Udinese in cui i due si presero a pugni per un coro cantato dai Boys in onore di Boiocchi. La rissa era finita all’ospedale perché Boiocchi era anche cardiopatico. Sui social delle tifoserie era stato diffuso uno scatto riparatore dal lettino del pronto soccorso, l’unica foto ufficialmente in circolazione di Boiocchi. Quasi un manifesto: i due capi ultrà abbracciati a mostrare il dito medio al mondo.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-10-29 21:26:23 ,milano.repubblica.it