Vittorio Emanuele Parsi e il racconto del risveglio dal coma

Vittorio Emanuele Parsi e il racconto del risveglio dal coma

Vittorio Emanuele Parsi e il racconto del risveglio dal coma



Vittorio Emanuele Parsi, politologo e compagno della nota giornalista de La7 alla conduzione del talk Tagadà, Tiziana Panella, che è rimasto in coma tre giorni dopo un malore sul palco di Cortina, lo scorso 27 dicembre, rompe il silenzio sulla sua malattia e di racconta. “Ho sentito tre colpi sul diaframma, come fossi in apnea – ha raccontato Parsi in una intervista al Corriere – Da sommozzatore sai che quando li senti devi riemergere, è l’ultimo avvertimento. Ho capito che c’era qualcosa di grave. Finita la conferenza, ho chiesto che si chiamasse un medico. È arrivata l’ambulanza, siamo andati all’ospedale Codivilla”.

La dissezione dell’aorta

Trasferito all’ospedale di Belluno in ambulanza, “ho avuto la fortuna di trovare il primario di Cardiologia, Alessandro de Leo che ha subito capito che la mia era una dissezione dell’aorta e mi ha detto due cose. La prima: dobbiamo farle un’operazione salvavita. La seconda: può andare male. Ho potuto fare due telefonate”. Una alla figlia maggiore e l’altra alla compagna giornalista Panella, con cui sta da due anni.

Il coma

“Ricordo tutto il periodo in coma – prosegue il politologo -. Uno Stige, un fiume melmoso, nero, che stava sotto i miei piedi, come Ulisse e Achille. Ricordo di avere visto le radici degli alberi da sotto, come fossi in un crepaccio. E di tanto in tanto, voci lontane. Sentivo una immensa spossatezza. A un certo punto mi sono chiesto se fossi deceduto. Ho pensato: non ce la faccio, forse basta lasciarsi andare e tutto passerà. La morte non potrà essere tanto peggio”.

Il risveglio

Il risveglio è stato terribile: “Sentivo i medici che dicevano: ‘Lo estubiamo domani, lo estubiamo oggi…’. Avrei voluto che lo facessero subito. Ho cercato di strapparmi tutto, hanno dovuto legarmi al letto”. Infine l’insegnamento che Parsi ha tratto da tutto questo: “Sono sempre stato molto frenetico, al limite del parossismo, ero abituato che il tempo esiste per essere occupato, che le idee ti vengono in treno, in aereo, parlando con la gente. I momenti felici, invece, vanno centellinati”.



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-02-16 12:15:57 ,www.repubblica.it

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