Decine di università in Italia si affidano da tempo a piattaforme di voto elettronico, messe a disposizione dal consorzio interuniversitario Cineca ormai nel lontano 1999. Un voto da non scambiare per quello politico, che la piattaforma informatica Rousseau – creata dal Movimento 5 stelle nel 2016 da Davide Casaleggio per votare internamente al movimento – e la sua vicenda giudiziaria ha chiaramente reso improponibile. Nel 2019 l’hacker etico Luigi Gubello aveva infatti esposto le vulnerabilità della piattaforma rendendo chiaro quanto il voto politico digitale fosse problematico e insicuro, punto importante confermato alla prova dei fatti l’anno dopo, quando un iscritto al movimento era riuscito a votare due volte con lo stesso nome, come raccontato da Wired. Di voto elettronico, ovvero basato su strumenti informatici come pc, telefoni o tablet connessi a internet (da distinguere rispetto all’e-voting, che prevede strumenti di voto nel seggio) si è discusso durante la presentazione ufficiale della nuova versione della piattaforma Eligo, utilizzata dalla maggior parte degli atenei italiani.
Il voto elettronico nelle università
“L’Università Cattolica, per quanto riguarda le proprie votazioni interne, ha iniziato ad utilizzare procedure automatizzate, o parte di esse, già dall’anno 2009 – ha commentato a Wired un portavoce dell’università -. Nel 2019 l’Ateneo ha selezionato la piattaforma di voto Eligo, prodotta da Id Technology. L’impiego della piattaforma, dopo una prima sperimentazione su processi elettorali di secondo livello, è stato esteso ad elezioni primarie complesse ed oggi viene utilizzata nella maggior parte delle votazioni che a livello di ateneo coinvolgono docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo”.
Poter votare online è comodo, perché aumenta la finestra temporale per “recarsi alle urne” e riduce le distanze per le persone che non possono spostarsi o per i fuorisede. Altri aspetti positivi sono l’immediatezza dello spoglio, che avviene a votazione appena conclusa, e il fatto che non sia necessario predisporre spazi o strutture ad hoc. Simile il percorso intrapreso dal Politecnico di Milano. “Ci siamo affidati ad una piattaforma di Cineca per votare su computer, ma fisicamente in ateneo, nel 1999. Dopo la pandemia da covid-19 per la prima volta abbiamo adottato l’i-voting in occasione delle elezioni studentesche, per poi estenderlo a tutte le elezioni degli organi interni all’ateneo compresa quella del rettore”, commenta a Wired il professor Gianpaolo Cugola, delegato alle infrastrutture e ai servizi digitali dell’università. La piattaforma offerta da Cineca era suggerita dal Miur ma a seguito della richiesta di autonomia da parte delle università a prediligere altri prodotti sul mercato e ad un prezzo a volte migliore, l’amministrazione ha scelto Eligo.
Se la distanza eletto-elettore è ridotta
Oltre a Cattolica e Politecnico di Milano le università che si affidano alla piattaforma di Id Technology sono decine: si vota elettronicamente negli atenei di Torino, Catania, Reggio Calabria, Firenze, Padova, Palermo, Trieste, L’Aquila e La Sapienza di Roma. Sulla sicurezza della piattaforma il garante della privacy si è espresso nel lontano 2011, affermando come le misure minime del Codice in materia di protezione dei dati personali (ora in parte soppiantato dal regolamento Gdpr) fossero state implementate. Una più attenta analisi sarebbe necessaria nel caso in cui l’e-voting fosse utilizzato per le elezioni politiche, proposta che molti esperti sconsigliano caldamente per via dei rischi alla privacy e per la probabilità che si verifichino casi di voto di scambio. La posta in gioco alle elezioni universitarie è certamente minore, anche se i risultati di un voto in un ente simile possono assumere comunque un certo rilievo nell’ecosistema.
“In questo tipo di votazioni la distanza tra eletto ed elettore è estremamente ridotta. Se un docente va a votare il proprio capo dipartimento, che è poi la persona che incontra nei corridoi ogni giorno e deciderà questioni legate al suo lavoro, non c’è dubbio che il voto sia ragionato”, commenta Cugola. Il tema della partecipazione si inserisce a metà tra i vantaggi e le perplessità del voto elettronico: l’incremento di votanti all’ultima elezione dei direttori di dipartimento all’università Cattolica è stato del 15%, ovvero hanno votato il 95% degli aventi diritto. Simili anche le cifre delle elezioni studentesche. Questo aumento, secondo Cugola, non è da imputare ad una maggiore coscienza. “Molti colleghi sanno chi vogliono votare ma sono in missione o sono a lezione in altre sedi dell’ateneo, e decidono di non attraversare una città per mettersi in fila a un seggio. Stessa cosa si può dire sugli studenti fuorisede, che dovrebbero recarsi in università quando magari non hanno lezione e sono tornati a dimora in un’altra regione”, conclude il professore.
Nel 2023 un milione di euro per i test
Nonostante il pregresso caso Rousseau avvenuto ormai tre anni fa, la legge di bilancio del 2020 aveva istituito un fondo per la sperimentazione del voto elettronico nelle elezioni europee, politiche e per i referendum per gli italiani all’estero e gli elettori temporaneamente fuori dal loro comune di residenza da svolgersi nel 2021. Nell’ottobre dello stesso anno le possibilità di sperimentazione sono state estese anche agli appuntamenti regionali e amministrativi, ma il banco di prova è slittato al 2023. Il finanziamento è di un milione di euro, sotto la sorveglianza del ministero dell’Interno e del sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri con delega all’innovazione tecnologica, Alessio Butti. Dopo l’adozione delle linee guida per la sperimentazione del voto elettronico, avvenuta nel luglio 2021, al momento tutto però sembra fermo.
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di Laura Carrer www.wired.it 2023-03-27 05:00:00 ,