Un pianeta avviato verso il disastro, non solo climatico, da cui i miliardari stanno cercando di scappare. Chi su Marte, chi nel paradiso artificiale del metaverso. Dicono di voler salvare l’umanità, ma perché, davvero, i giganti del tech si danno tanta pena per le sorti del mondo? Cosa si nasconde dietro la filantropia di personaggi ricchissimi ma che vivono in una “bolla” molto distante da quella del nostro quotidiano? Douglas Rushkoff, professore di media studies alla City University di New York e autore del libro Solo i più ricchi, e Cory Doctorow, scrittore di fantascienza e attivista, hanno provato a rispondere dal palco milanese del Wired Next Fest 2023. Due delle menti più interessanti – e critiche – dei nostri tempi a confronto sotto il sole dell’ottobre meneghino.
“La maggior parte dei miliardari del tech vive in una cornice che potremmo definire ‘techno-solutionist’ che li porta a credere che, con l’impiego di sufficiente tecnologia, potranno risolvere i problemi che loro stessi hanno creato proprio con la tecnologia “afferma Rushkoff. ”Dal mio punto di vista, non si chiedono: come salveremo il mondo ma, piuttosto: come salveremo il capitalismo. Quindi il loro non è un movimento rivoluzionario, ma reazionario. Non guardano a come potremmo cambiare, ma a come poter rimanere gli stessi, anche se alla fine dovremmo tramutarci in robot modificati per sopravvivere al cambiamento climatico. Ci sono certi assiomi che sono inviolabili, e di solito sono i loro monopoli e i loro obiettivi di crescita”.
La AI come i conquistadores spagnoli
“Dividerei la AI come tecnologia da quelle che ne sono le applicazioni – prosegue lo studioso – Sono cose diverse, come la tecnologia dei social media e la sorveglianza (il riferimento è al libro Il capitalismo della sorveglianza di Shoshana Zuboff, che descrive il modello di business dei grandi attori del settore ndr). Esistono social non basati su questo schema. Possiamo pensare ai social media come ai missionari che hanno raggiunto il nuovo mondo: hanno raccolto informazioni sugli indigeni, li hanno convertiti alla cristianità mostrano un atteggiamento amichevole da parte degli occidentali, e poi sono tornati indietro dalla Corona riferendo tutto. Il passo successivo è che sono arrivati i conquistadores e ne hanno preso il posto: e questo è quello che è successo alla Rete, con i social che ci hanno ammorbidito e raccolto molte informazioni su di noi. Poi, l’ondata successiva, quella della AI, è stata quella dei conquistadores”. La maggior paura dei miliardari del tech? Secondo Rushkoff, è “che la AI faccia loro quello che loro hanno fatto a noi. Il loro modello di realtà è che i dati, o l’analisi dei dati, sia sinonimo di evoluzione, e che il più intelligente (ma smart significa anche furbo, ndr) vince. Quindi loro sono più furbi, e hanno vinto su di noi; ma l’intelligenza artificiale potrebbe superare loro, e da qui la paura. Si tratta di una paura proiettiva: stanno proiettano la loro mentalità coloniale sulle tecnologie che stanno inventando. E certo, se sono loro a programmarle, si può capire”.
Il tecno-feudaledsimo delle piattaforme
Secondo Doctorow, stiamo precipitando (e in parte già ci troviamo) in un tecno-fedualesimo in cui pochi soggetti recitano la parte dei feudatari: “Meglio di produrre qualcosa c’è produrre la piattaforma dove le persone scambiano valore; ma ancora meglio di creare la piattaforma c’è creare la moneta che le persone che usano lì, e ancora meglio creare gli sdk (software development kit ) con cui le piattaforme vengono costruite, e ancora di più avere opzioni sui wallet, le monete e le piattaforme che le persone che creano valore usano. Questo per me è feudalesimo” dice lo scrittore. E se la prende con le norme sulla proprietà intellettuale, che hanno creato la cornice in cui questo può avvenire. Del resto, molte sue opere sono disponibili gratuitamente. “Questa pletora di leggi che chiamiamo IP ha creato i colli di bottiglia da cui le rendite possono essere estratte. Non ha niente a che fare con la tutela del lavoro degli artisti e dei creativi, in particolare nel digitale”.
Rushkoff rincara la dose: “La borsa, che è un’astrazione del mercato, è consumata da quella sua stessa astrazione che sono i derivati. E la gente del tech, proprio per il fatto di essere portata per il digitale, cioè meta-qualcosa, è la più predisposta a giocarsi questa partita. Così, vogliono sempre salire di livello: come Zuck col metaverso e Musk, che vuole andare su Marte”. Siamo così “meta” che “Elon Musk stesso è il miglior contenuto di Twitter, e non solo il proprietario della piattaforma. Il capo dei troll di Twitter. La storia di qualche settimana fa del combattimento con Zuck è stata possibile perché le piattaforme in sé sono così noiose che i proprietari stessi hanno dovuto metterci persino i contenuti. E’la loro versione delle storie Marvel”.
Razzi che esplodono
Big Tech cambia le regole in corsa, le disfa a piacimento e a volte si rimangia anche le promesse. Afferma Doctorow: “Lo ha fatto Facebook: diceva che non avrebbe spiato gli utenti, poi cominciò, e di fronte alle arrabbiature disse ok, allora lo faremo, ma solo un po’. E guardate Musk e Space X. Dice che sarà la Uber dei razzi, quindi razzi on demand. Ma razzi senza regole; quindi quando uno dei missili esploderà, ed esploderà su casa tua, lui potrà andarsene fischiettando con le mani in tasca”. I due sono un fiume in piena, ma il tempo stringe. La conclusione è di Rushkoff. “Mio padre ci faceva vedere il quartiere difficile in cui era vissuto, e da cui si era tirato fuori studiando e lavorando duro. Ma quando ci penso, mi chiedo: cosa facciamo se è tutto il mondo a essere diventato un brutto quartiere? Non ho niente contro la gente che guadagna soldi per andarsene da lì; ma il tema è come fare a migliorarlo e renderlo vivibile”.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2023-10-08 17:35:47 ,