In un modo o nell’altro, Niel ha legami con quasi tutte le startup francesi in ascesa nel settore. Ha investito in Mistral AI, valutata 5,8 miliardi di euro; in H, un’altra nuova società di intelligenza artificiale; Scaleway, il provider cloud utilizzato da Mistral, è una filiale di Iliad; mentre il team di Hugging Face, una piattaforma per sviluppatori di AI, è passato da Station F, un grande campus per startup lanciato da Niel. Autodefinitosi geek, l’imprenditore è da tempo inserito nella scena delle startup francesi. Prima ancora della creazione di Station F, sette anni fa, è stato promotore di una scuola sperimentale di informatica chiamata École 42.
La sua convinzione che l’Europa debba avere una sua AI si è tradotta lo scorso settembre in un scontro di 200 milioni di euro nell’intelligenza artificiale francese. Metà del denaro è stato destinato alla messa a punto di Kyutai, un laboratorio di studio no-profit con sede a Parigi, che quest’estate ha lanciato un assistente vocale chiamato Moshi. Simile al sistema analogo di OpenAI, Moshi ha una voce femminile che parla inglese in modo civettuolo. Ma a differenza dell’azienda di Sam Altman, che ha ritardato il suo lancio a causa di problemi di sicurezza, Moshi è disponibile per i test online da luglio e i suoi modelli sono da poco disponibili al pubblico.
“L’idea di Kyutai è quella di produrre un algoritmo di intelligenza artificiale che sia radicalmente open science e open source“, spiega Niel, che cita il sistema operativo Linux come esempio di popolare strumento open source di cui Kyutai vuole replicare il successo. “A seconda della licenza che applicheremo, chiunque apporterà una modifica dovrà pubblicarla“. sottolinea.
Quando si parla di Kyutai, tuttavia, ci sono alcune cose su cui Niel non è così aperto. Quando gli chiedo da dove Moshi prenda i dati di addestramento, ride, spiegando che il modello è stato in parte allenato a partire dalla voce di un’attrice registrata a Londra. Ma allude anche ad altre fonti di dati: “Forse non stiamo rispettando radicalmente tutte le regole“, ammette.
Niel ci tiene a riconoscere il merito delle persone che effettivamente costruiscono i modelli alla base di Moshi. Ma sembra orgoglioso quando parla delle sue visite al team di 12 persone di Kyutai, nel loro “bel posto a Parigi“, dove c’è una grande lavagna scarabocchiata con formule matematiche che non capisce. È anche un chiaro entusiasta della tecnologia. “Vi siete divertiti con Moshi?“, chiede a un membro del suo team. Imbarazzato, il collaboratore fa una risatina e mi fa ascoltare un’interazione registrata sul suo telefono. “Xavier Niel non parla malissimo l’inglese?“, chiede l’uomo all’AI. “No, non è terribile, solo che non è molto bravo: ma fa del suo in modo migliore”, è la risposta del sistema (quando più tardi chiedo a Moshi “chi è Xavier Niel?”, l’assistente mi dice che “Savio Vega è un wrestler professionista portoricano“).
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di Morgan Meaker www.wired.it 2024-10-07 14:42:02 ,