La bimba di 8 anni fuggita dalla guerra si allena sul tatami dell’Olimpic Center a Leopardi: «E’ una piccola campionessa»
Torre del Greco. Sono scappate dalla guerra e dalle bombe e sono riuscite a trovare «riparo» all’ombra del Vesuvio, a abitazione del nonno: Anita e Yeva Poltavtsev – due sorelle ucraine rispettivamente di 4 anni e 8 anni – vivono nella loro nuova abitazione da circa un mese. Negli occhi resta la paura dei giorni dell’assalto russo a Kramatorsk – la loro città d’origine, a est di Kiev – e lo strazio della lunga fuga attraverso l’Europa. Le due sorelline hanno raggiunto l’Italia lo scorso 23 marzo, insieme alla mamma: un viaggio in pullman durato tre giorni per sfuggire all’incubo delle bombe e all’assordante suono delle sirene anti-aeree. E a Leopardi – il popoloso quartiere alle porte di Torre Annunziata – sono riuscite a ritrovare un pezzo della loro «normalità» in Ucraina, il judo.
Nella palestra del maestro Sandro Piccirillo si allenano ogni giorno, combattendo i «fantasmi» degli invasori russi. «Sono state strappate via dalla propria terra. E’ stata brutalmente strappata loro la normalità – sottolinea nonno Enrico -. Ora vivono al sicuro con me, ma è difficile ricominciare una nuova vita, lontano dalla propria quotidianità destinata a restare solo un ricordo. Le immagini che vedevo in televisione mi hanno spinto a fare di tutto affinché le mie nipoti potessero arrivare qui velocemente. Così sono arrivate, sconvolte dalla guerra e dalle atrocità che hanno visto e sentito per giorni». Le bambine sorridono timidamente, mentre si stringono alla madre.
Sono lontane dal loro papà, anche se riescono a sentirlo spesso. «Aleksey, il papà delle bambine, si è visto arrivare una nubifragio di bombe addosso, durante l’attacco dei russi alla stazione di Kramatorsk – dice il giovane nonno – sono decessi 10 bimbi in quell’attacco, una tragedia atroce». Aleksey Poltavtsev, tuttavia, non è unicamente un combattente ucraino: il papà di Yeva e Anita è un campione nazionale di judo e ogni giorno cerca d’occuparsi delle sue bambine, dedicando parte del suo tempo proprio all’organizzazione degli allenamenti di judo della piccola Yeva, una giovane promessa dello sport. «Così ho incontrato il maestro Sandro Piccirillo – spiega Enrico – ho chiesto al maestro, tramite alcuni contatti, di seguire la piccola Yeva, affinché non perdesse la sua passione per il judo e per lo sport. Ho pensato, poi, che la palestra del maestro Sandro potesse rappresentare per le bambine una nuova abitazione, un nuovo luogo amico».
Ha avuto ragione, infatti, il nonno. «In Sandro ho trovato un grande amico, oltre che un maestro e un campione – continua – lui ha messo a disposizione per la mia Yeva tutto, persino la divisa, e sta allevando una piccola campionessa». Si respira proprio un’aria di abitazione, difatti, all’Olimpic Center. Le pareti del complesso sono tappezzate di foto e articoli di giornale, testimonianze care di successi e sconfitte, immagini di famiglia con i suoi allievi. «Da quarant’anni ho la stessa missione: dare a tutti i miei ragazzi e allievi una famiglia – dice il maestro – per questo motivo ho messo la mia palestra a disposizione di Yeva, e di tutti i ragazzi ucraini in fuga dalla guerra».
Proprio sul tatami, Yeva Poltavtsev ritrova una piccola parte di normalità, mentre insegue con lo sguardo accorto il maestro Sandro Piccirillo, apprendendo tutti i suoi insegnamenti. «È davvero fortissima. E ha solo 8 anni. Sono fiero di condividere la mia abitazione, e non solo, con questi ragazzi – continua Sandro Piccirillo – dare loro un’alternativa alle brutture della società è il senso del mio lavoro. E’ compito di noi sportivi offrire ai giovani tutto ciò che possediamo per rendere il mondo un posto migliore: un luogo dove la guerra non c’è, e non spezza le vite».
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Teresa Borriello , 2022-04-27 11:07:23 ,