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“Solo chi ne avesse conosciuto il
posizionamento preciso dell’arma avrebbe potuto vederla”. Lo
sostiene la gip Maria Gabriella Iagulli nell’ordinanza con la
quale ha disposto il carcere per Renato Caiafa, il 19enne che
avrebbe fatto partire “per sbaglio” il colpo di pistola che
all’alba dello scorso 9 novembre ha ferito a morte l’amico
18enne Arcangelo Correra, poi deceduto in ospedale.
A Caiafa viene contestato il porto, la detenzione e la
ricettazione dell’arma (per l’omicidio è solo indagato) una
calibro 9×21 con la matricola cancellata e un serbatoio
maggiorato nel quale c’erano almeno 18 dei 26 colpi che poteva
contenere. Un’arma che essendo clandestina e potenziata ha un
grande valore di mercato.
A parere del giudice l’arma era nella disponibilità di quel
gruppo di ragazzi: è inverosimile per l’autorità giudiziaria la
versione del ritrovamento casuale per strada fornita dal 19enne,
anche se è credibile l’ipotesi del gioco finito male. “Nessuno –
sostiene il giudice – avrebbe lasciato un’arma carica,
considerato il suo valore, per strada alla libera apprensione da
parte di terzi… la criminalità tende ad acquisire il possesso
di questo tipo di armi… che possono essere usate mille e mille
volte ancora proprio perché, in quanto clandestine, sono
difficilmente ricollegabili ai delitti commessi e ai loro
autori”.
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