“Kobe Bryant e la figlia Gianna muoiono nello schianto di un elicottero”. Così quattro anni fa, il 26 gennaio del 2020, la stampa americana annunciava la morte del Black Mamba e della figlia: l’ex fuoriclasse dei Lakers aveva 41 anni, Gianna solo 13. Nell’incidente morirono altre sette persone. Il gruppo era a bordo di un elicottero che avrebbe dovuto portali ad una partita di basket nell’area metropolitana di Los Angeles.
Quattro anni fa scompariva non solo una stella del basket, tra i miglior giocatori della storia dell’NBA (5 titoli vinti con i Lakers, più due ori olimpici con la nazionale Usa), ma anche un personaggio amato in tutto il mondo per la sua generosità e il suo attivismo. Fu ad esempio in prima linea contro la polizia violenta nei confronti degli afro-americani, nonché fermo sostenitore dello sport giovanile come strumento di emancipazione
Non solo un cestista quindi ma anche un punto fermo per intere comunità di emarginati. E’ stato inoltre premio Oscar nel 2018 con il regista e animatore Glen Keane nella categoria miglior cortometraggio d’animazione per “Dear Basketball”, da lui sceneggiato ispirandosi alla sua lettera di addio al basket.
E poi c’era la sua storia d’amore con l’Italia. Kobe adorava il Bel Paese al punto da dare alle sue quattro figlie avute con la moglie Vanessa tutti nomi italiani o di ispirazione italiana, Natalia Diamante, Gianna Maria-Onore, Bianka Bella e Capri Kobe. In Italia aveva passato la sua infanzia, dai 6 ai 13 anni spostandosi nelle varie città dei club per i quali giocava il padre Joe. Da Rieti a Reggio Calabria, da Pistoia a Reggio Emilia. Come da lui stesso detto in un’intervista del 2019, in Italia aveva imparato i fondamentali del basket, metodi che in America non avrebbe mai trovato.
Lo schianto dell’elicottero fu per errore del pilota
Una decisione irresponsabile e forse anche la pressione di avere a bordo un passeggero di alto profilo. L’esito della perizia, diffusa nel 2021, da parte del National Transportation Safety Board in merito allo schianto dell’elicottero su cui viaggiava Kobe Bryant lascia pochi dubbi: fu un errore del pilota.
Secondo il rapporto, infatti, Ara Zobayan spinse al limite le regole di volo durante condizioni meteo estreme fino a trovarsi disorientato e poi schiantandosi sulle colline intorno a Calabasas, nell’area metropolitana di Los Angeles. Secondo Robert Sumwalt, presidente del National Transportation Safety Board, Zobayan volava sotto condizioni di VFR (visual flight rules o volo a vista), ossia l’insieme delle norme e procedure cui un pilota deve attenersi per condurre in sicurezza un volo, utilizzando principalmente la propria vista, senza quindi la necessità di affidarsi a radioassistenze per la navigazione.
Zobayan invece continuò a volare dentro la perturbazione, come a sfondare una barriera di nuvole, e trovandosi disorientato, a causa della scarsa visibilità, non fu più in grado di stabilire persino l’alto dal basso o l’inclinazione dell’elicottero. Non a caso, secondo l’ultima conversazione con la torre di controllo aveva detto che stava salendo di quota. Il velivolo invece si inclinò verso sinistra schiantatosi lungo una collina.
Quella tragica mattina del 26 gennaio, Bryant, Gianna e gli altri passeggeri erano decollati da Orange County in direzione della Mamba Sports Academy e Thousand Oak per una partita di basket in cui Mamba avrebbe dovuto essere l’allenatore e la figlia e altre due ragazzine a bordo avrebbero dovuto giocare. Le condizioni meteo e la visibilità destarono preoccupazione prima del decollo al punto che il pilota ne discusse in una chat di gruppo. La visibilità era così scarsa, inoltre, che sempre quella mattina il dipartimento di polizia di Los Angeles decise di lasciare a terra tutti i suoi elicotteri.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
Source link
di
www.ansa.it
2024-01-26 12:12:18 ,