Rinviato. A data da destinarsi. Non ci sono più le attese, vivaci solo qualche settimana fa, sui tagli dei tassi della Federal reserve previsti fino a poco tempo fa a cominciare da giugno, se non proprio da maggio. Il temutissimo rialzo dell’inflazione si è verificato, mentre il mercato del lavoro si avvicina solo lentamente ai livelli desiderati dalla politica monetaria Usa. La riunione del Comitato di politica monetaria (Fomc) del 1° maggio non sarà però un non-evento, anche se per avere le nuove proiezioni e le nuove intenzioni sui tassi futuri occorrerà aspettare il meeting del 12 giugno. Sarà molto importante capire come la Fed giudica l’evoluzione dei prezzi e quella della crescita, le due novità delle ultime settimane. Anche perché non negano, ma ritardano, riduzioni del costo ufficiale del credito quest’anno. A quando?
L’inflazione rialza la testa?
La svolta nelle attese è arrivata con i dati di marzo dell’inflazione Pce, la misura di riferimento della Federal reserve. L’indice complessivo è salito del 2,7% annuo, contro il 2,5% di febbraio, e l’indice core del 2,8%, come il mese precedente. È, quantomeno, una pausa del trend discendente che aveva già incontrato un – prevedibile – rallentamento. Già l’indice Cpi, più tempestivo, aveva indicato per marzo un aumento dei prezzi del 3,5%, dal 3,2% di febbraio, con un indice core stabile al 3,8 %.
Aspettative in lieve rialzo
Soprattutto, sono lievemente aumentate le aspettative di inflazione. Se in occasione della precedente riunione di politica monetaria, il 20 marzo, erano attorno quota 2,2-2,3%, adesso sono risalite tutte al 2,4-2,45%. Poca cosa, ma quanto basta per accendere un campanello d’allarme. La Fed non teme, verosimilmente, una ripresa dell’inflazione: mancano i presupposti. Può però essere preoccupata del fatto che si stabilizzi a un livello più elevato dell’obiettivo.
Condizioni finanziarie sempre più accomodanti
I rendimenti hanno registrato la novità. Hanno continuato il loro calo – una limatura, niente di più – nella porzione a brevissimo, ma sono tornati lentamente a salire nel medio lungo periodo. Il cambio effettivo ha invece continuato a muoversi “di lato”, mantendosi sostanzialmente stabile. L’indice delle aspettative della Fed di Chicago, che monitora e riassume l’intera catena di trasmissione, continua però a calare – da più di un anno – come se l’orientamento della politica monetaria fosse, di fatto, più espansiva e non meno espansiva. L’indice Wilshire di Borsa continua a salire; come i prezzi delle case (questi a ritmi annuali sempre più veloci). Anche la base monetaria e l’offerta di moneta (M1), per quello che contano – hanno un valore soprattutto segnaletico – sono in rialzo.
Il Pil torna al trend
La crescita, però, ha segnato una battuta d’arresto nel primo trimestre del 2024: +1,6% annualizzato, che corrisponde a un +0,4% trimestrale. e anche i prestiti alle imprese non finanziarie – molto meno importanti negli Usa rispetto all’Europa – Proseguono la loro lentissima flessione. Non sono ancora ritmi tali da far temere una recessione: erano piuttosto i dati precedenti del pil (3,4% nel quarto trimestre 2023, 4,9% nel terzo) a essere in parte anomali: l’attività economica sembra tornata al trend di medio-lungo periodo.